Di Chiara Rivieccio
Dominare la scena di una notizia, quella che pensavamo fosse l’ennesimo successo di un lavoro che sentiamo ci appartenga. Quasi fatto a memoria: arrivare, vedere, osservare, sentire, riportare, dedurre, chiudere. Stesso lavoro, anche se cambiano i personaggi, i luoghi ma la traccia è quella. Eppure qualcosa ci è maledettamente sfuggito: e mai ci saremmo aspettati che in questa lavoro, bastardo, crudele e mai rutinario un contrattempo possa aver cambiato il corso degli eventi che avevamo già scritto. Diciamoci la verità: perché sappiamo di essere un po’ bravi, un po’ ruffiani, un po’ tanto saccenti. E rimaniamo li: poveri scemi di fronte ad un contrattempo, bastardo quanto si vuole, ma che ci ha fatto riscrivere la nostra storia e che segna la nostra sconfitta.
Ci viene incontro un film, uno di quelli che alla fine ti fa riflettere, e che a metà pensavi fosse già tutto scritto, perché da bravi mestieranti avevamo fregato gli inquirenti. Facendo quello che un cantastorie come noi “non sa da fare”: sottovalutare, tralasciare, fottersene di chi alla fine la scena se l’è presa e i fottuti siamo noi. “Contrattempo”, un film del 2016 diretto da Oriol Paulo a ben pensarci è una storia lineare, quasi banale. Appunto: quasi. Ed è stato li l’errore: lui, lei e l’altra, la donna di scorta. Quella del week end che ancora una volta trascorre lontano dalla routine familiare. Lui tranquillo fedifrago, lei amante borghese; gita verso un motel galeotto. Ma qualcosa va storto: ci scappa il morto da incidente d’auto. Da li in poi una serie di bugie, incastri, paure, ricatti. Alla fine un contrattempo figlio di una madre disperata quanto vendicativa e un padre mentore e assassino.. E quando il nostro uomo spiffera tutto all’avvocato difensore dovrà presto accorgersi che gli crolla il mondo addosso: sotto mentiti trucchi l’avvocato difensore altri non è che la madre del morto, pronta a chiamare la polizia per far arrestare l’assassino di suo figlio. Di storie come queste ce ne sono già state e in un periodo dove manca la fantasia agli scieneggiatori e ancor meno ai registi italiani, il film viene riproposto quasi totalmente con una mediocre scopiazzatura dal titolo assolutamente inefficace: “Il testimone invisibile” dove Riccardo Scamarcio prende il posto di Mario Casas, l’interprete del film originale di gran lunga più bravo che l’attore italiano. Ma che razza di senso ha rifare un film a distanza di due anni, che era già bello e perfetto di suo. Bastava una distribuzione semplicissima ed a costi inferiri come avviene per infinite altre pellicole. Squallida operazione commerciale che non ha senso
Possiamo avere molti bastoni tra le ruote per pubblicare notizie che per altri suonano da condanne: i contrattempi sono parte della nostra professione. Non lo sapevamo