Di Giordano Tabbì
Contratti milionari, fama, gloria e successo. Questo cercano tutti i ragazzi che decidono di proseguire con il calcio, diventare dei professionisti e dunque di farne il loro lavoro. Ma in pochi ci riescono.
Nel calcio devi crescere e devi adeguarti in fretta, se non riesci a fare il salto di qualità e a metterti in vetrina rimani indietro. Quando hai passato i diciotto anni e sei un calciatore con un contratto, un professionista, fai del calcio la tua vita. Ma spesso i ragazzi non rispettano le aspettative e vengono comprati e venduti come se fossero figurine. Il problema alla base è della società, la squadra di calcio ormai è una azienda, non pensa più a valorizzare sportivamente il prodotto del proprio vivaio, ma pensa a quel prodotto come un “business” che può già valere molto.
Il Barcellona, non proprio l’ultima società sulla piazza, qualche anno fa fu denunciata dalla FIFA perché colpevole di aver acquistato in maniera irregolare dieci giocatori under 18. La compravendita di giovani e di questi scambi “poco onesti” tra società ha anche riguardato il calcio italiano, ne è un chiaro esempio la vicenda delle “finte plusvalenze” tra Chievo e Cesena, che si sono scambiati giocatori delle giovanili, italiani e non per un totale di 60 milioni di euro negli ultimi quattro anni. In particolar modo è divenuto famoso il caso di un 2001 nigeriano Eziefula Lordswill, che non si riusciva a capire con quale delle due società fosse tesserato. Ragazzini che a bilancio valevano milioni di euro. Tutte le società comprano e rivendono ogni anno migliaia di giovani, sia squadre grandi che piccole. Il calcio ha bisogno di una riforma anche e soprattutto a livello dilettantistico. Damiano Tommasi, il presidente AIC, ex calciatore di Serie A, si sta impegnando per cambiare le norme ed in generale tutta la situazione legata a questa compravendita dei calciatori dilettanti. Tommasi sta portando avanti da anni ormai una battaglia contro il vincolo sportivo dilettantistico che ogni giocatore ha con la propria società, sin da quando è piccolo.
Ogni ragazzo sin da quando comincia a giocare a livello dilettantistico sa che il suo cartellino ha un determinato valore economico. Facciamo due esempi: Nicolò Zaniolo e Samuele Longo. Il primo ha cambiato squadra lo scorso anno, passando dall’Inter alla Roma nell’affare Nainggolan, quasi messo a caso nella trattativa si sta confermando invece un’ottima promessa. Il secondo è uno dei più grandi misteri degli ultimi anni. Vincitore protagonista della Youth League (la Champions delle squadre primavera), ha rinnovato il contratto con l’Inter, che poi a deciso di fargli girare in prestito mezza Europa, ora è finito in serie B alla Cremonese. Ma come loro ce ne sono molti altri, comprati e venduti, prestati e scambiati, a diciotto anni sempre con la valigia in mano e ed un sogno in testa, quello di sbocciare e di confermarsi nel calcio che conta, ma con la consapevolezza che il sogno si possa infrangere da un momento all’altro.
Purtroppo, come già detto, uno su un milione ce le fa e nelle categorie calcistiche più basse ci sono migliaia di ragazzi che vengono comprati e venduti dalle società, e questi ragazzi guadagnano veramente pochissimo. Le società hanno dato loro false speranze, alcuni lasciano gli studi, altri abbandonano le loro famiglie da piccolissimi, questo solamente per inseguire il loro sogno, giocare a pallone.