Di Giordano Tabbì.
Le competizioni calcistiche europee sono entrate nel vivo, e quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare. Argentino di Rosario, soprannominato la “pulga” (la pulce), Lionel Messi è considerato uno dei calciatori più forti al mondo e ha colto l’occasione di dimostrarlo anche mercoledì scorso nella semifinale di andata contro il Liverpool. Un 3-0 al Camp Nou che lancia il Barcellona verso la finale e l’argentino verso il suo sesto pallone d’oro.
Doppietta per Messi, che segna un gol stratosferico con una punizione esemplare che da sola vale il prezzo del biglietto. Con la punizione raggiunge tra l’altro il gol numero 600 della sua straordinaria carriera. Emozione e magia con il pallone tra i piedi, Leo quando punta un difensore lo salta. Cammina per il campo tutto il tempo e poi scatta come una gazzella per segnare. Non ha una corsa continua, lo dimostra il fatto che è quasi sempre quello che fa meno chilometri a partita, ma sa come e quando correre, è questa la sua forza.
Messi ha veramente dimostrato di essere il calciatore più forte della storia del calcio? Lasciando stare da parte i discorsi da bar su chi si più forte tra l’asso argentino ed il portoghese Cristiano Ronaldo, Messi nella sua carriera ha mostrato un talento cristallino innato, però allo stesso tempo ha fatto capire di non essere un leader. Messi non è Maradona, non vince le partite da solo e non trascina emotivamente la sua squadra. Ha dimostrato una fragilità mentale che spesso si è mostrata determinante in alcuni tratti della sua vita calcistica. Nell’arco della sua carriera di club ha sempre vestito la maglia blaugrana, ne è diventato una bandiera ma risulta ancora oggi essere poco carismatico. Con la nazionale Argentina Leo non è mai stato decisivo e nei momenti di difficoltà di squadra scompare. Un giocatore che probabilmente sin da quando ha giocato a calcio è stato tutelato da suoi compagni, infatti nel suo tempio, il Camp Nou, sembra imbattibile, ma fuori da quello stadio? Diciamo che la magia non scompare del tutto ma sicuramente è meno visibile.
Messi non ha avuto la voglia di mettersi in gioco con una realtà differente da quella blaugrana, ma ha deciso di vivere al massimo la sua avventura al Barcellona, non sarà Ronaldo, che fa degli obiettivi personali e di squadra la sua forza interiore ma non bisogna criticarlo solo per una scelta di vita. Lui si è legato alla gente catalana, ha stretto un rapporto speciale con loro e con il loro stadio, è entrato nella storia del club, ne è diventato capitano e recordman di reti. Messi ha sposato l’ideologia blaugrana ed è riuscito a ottenere il massimo anche grazie a loro, e come il Barcellona ringrazierà Messi al momento dell’addio al calcio, Messi allo stesso tempo ringrazierà il Barcellona per averlo reso grande, anche se c’è molto rammarico per i risultati da parte della nazionale Argentina, che non sono mai stati all’altezza del campione.