Di Valeria Colasanti. L’argomento manco a dirlo è anzitutto sessuale. Cercando su internet le parole “arbitro donna”, i primi risultati che escono riguardano argomenti a dir poco sessisti. Purtroppo ancora ai giorni nostri, per una donna fare un lavoro da “uomini”, soprattutto in un ambito come quello dello sport, comporta discriminazioni non solo da parte di tifosi, ma anche di colleghi.
L’Italia è un paese un po’ razzista, abbastanza sessista: ma per fortuna da altre parti le cose stanno un po’ diversamente Ad esempio, in Francia nella Ligue 1 (Serie A francese) per la prima volta una donna ha condotto una gara da protagonista, un caso raro dato che mai nessuna donna era stata designata come arbitro centrale di una partita sportiva; tra le varie motivazioni vi era anche l’imminente mondiale di calcio femminile, disputato lo scorso giugno.
Da noi il pensiero sessista prevarica maggiormente, perciò per il momento non potrebbe esserci una progressione tale da essere paragonata a quella francese, in quanto per molti italiani il ruolo dell’arbitro dovrebbe essere svolto solo ed esclusivamente da una figura maschile. Un esempio eclatante è quello riguardante il telecronista di un’emittente salernitana che, durante una partita di calcio con arbitri donne, disse: “è uno schifo vedere donne che vengono a fare gli arbitri!”; in seguito a tale accaduto la UEFA ha deciso di invitare alla partita della Supercoppa le donne prese di mira per rappresentare le arbitri femminili italiane. A favore delle arbitri donne in Serie A, troviamo anche Carlo Ancelotti (CT del Napoli), che con enfasi ha espresso il suo consenso.
A causa di tale sessismo, non riusciamo a trovare donne che riescano ad affermarsi come arbitri. Bisognerebbe andare oltre l’apparenza, eguagliare entrambi i sessi, essere più forti dei pregiudizi, cosicché un giorno le donne potranno raggiungere i propri obbiettivi, con al centro la loro sola professionalità.