Di Cecilia Cerasaro. Taglio dei parlamentari: un calvario che finalmente sembra aver avuto una sua conclusione, nella speranza che anche questa volta la politica non tradisca il cittadino con raggiri o inghippi.
Il 7 Ottobre è stato approvato alla Camera in via definitiva il taglio dei parlamentari, riforma che ha anche l’intento di abbassare i costi della politica. Ma, dati alla mano, si potrebbe risparmiare molto di più diminuendo il compenso dei nostri legislatori, senza scomodare la Costituzione Italiana.
Un parlamentare, nel 2019, riceve un’indennità netta di 5.000 euro al mese e un rimborso spese che si aggira intorno agli 8.500/9.000 euro mensili, per un totale di 162.000/168.000 euro netti annuali. Una cifra spropositata, se si pensa che il reddito medio annuale di un italiano è poco più di 20.000 euro.
Se davvero si volessero tagliare i costi della politica, dunque, ridurre anche solo ad un terzo di quello attuale lo stipendio dei parlamentari farebbe risparmiare allo Stato molto più di questa riforma che va a modificare la nostra Costituzione, portando il loro numero da 945 a 600, rispettivamente 200 Senatori invece di 315 e 400 Deputati rispetto agli attuali 630.
Oggi in Italia potersi fregiare del titolo di onorevole vuol dire senza dubbio essere in una condizione economica privilegiata e questo fa sì che ci sia chi aspira a questa carica non per reale passione politica e desiderio di rappresentare i cittadini, ma, e si potrebbero citare innumerevoli casi, per mero tornaconto economico. Ridurre gli stipendi sarebbe la manovra più logica per mandare a casa chi è troppo attaccato alla “poltrona”.
Ma a questo i legislatori non pensano, e anzi risale a pochi mesi fa l’ultima proposta, in seguito bocciata, del capogruppo al Senato del PD Luigi Zanda di aumentare il compenso per Senatori e Deputati. Invece il taglio dei Parlamentari, che riduce i componenti dei vari gruppi non garantendo di cacciare chi si approfitta della propria posizione ma rischiando di lasciare fuori da Camera e Senato quelle correnti interne ai partiti invise ai leader e di intaccare la rappresentatività popolare, è stata votata da tutte le principali fazioni politiche.
I principali fautori della modifica costituzionale erano i pentastellati, che non solo sono riusciti a convincere forze di opposizione come Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia, ma anche gli alleati di Italia Viva, PD e Leu. Questi ultimi due, originariamente sfavorevoli, hanno ceduto per evitare una nuova crisi nel governo da poco formato.