Di Riccardo Fermani. Il cielo è verde-oro sopra Yokohama, gli Springboks sono campioni del mondo!
La nazionale arcobaleno ce l’ha fatta. E’ sul tetto del mondo per la terza volta dopo il 2007 e il 1995. La strepitosa vittoria contro l’Inghilterra ha regalato a Rassie Erasmus, ai suoi ragazzi e tutto il Paese il trofeo più ambito, quello che tutti i bambini hanno almeno una volta sognato o provato ad alzare al cielo: la coppa del mondo. Impresa stoica per gli Springboks che riescono, contro ogni aspettativa e pronostico, ad annichilire su tutti i fronti i leoni inglesi di Eddie Jones. Il Sudafrica infatti si impone in Giappone, a Yokohama per 32-12. La terza finale vinta senza subire mete; infatti i pochi punti realizzati dagli inglesi sono arrivati grazie ai 4 calci di punizioni trasformati da Owen Farrel, unica luce nel XV della Rosa (cosi soprannominati in patria). Un monumentale Sudafrica capitanato dalla terza linea Siya Kolisi, ieri sera è sceso in campo conscio dei propri mezzi, con la volontà di impostare la partita, dominarla fisicamente e sfruttare i punti deboli degli avversari a proprio favore. Rassie Erasmus ha studiato alla perfezione questa partita, è riuscito in poco tempo a fornire un’ identità a questa squadra, ha ritrovato nei propri giocatori quella voglia di essere vincenti in tutte le situazioni nel campo, voglia che sembrava essere scemata e quasi persa nell’ultimo periodo e anche alla prima partita dei gironi dove ha affrontato gli All Blacks, in quel è stata poi l’unica sconfitta registrata dal Sudafrica in questa nona edizione della Rugby World Cup.
Protagonisti assoluti di questa finale ma soprattutto di questo mondiale sono stati, in casa Spingboks: il numero 9, mediano di mischia Faf De Klerk; il suo capitano, la terza linea numero 6 Siya Kolisi; il compagno di reparto, numero 7 Pieter-Steph du Toit e per ultimo ma non per importanza Cheslin Kolbe, ala che più di tutti, in fase realizzativa, ha contribuito alla causa verde-oro. Kolbe è stato inoltre aggiunto, grazie alle sue spiccate abilità e ai punti realizzati in questo mondiale, ai candidati come migliore giocatore dell’anno. Premio conferito poi nella grandissima manifestazione, tenuta a Tokyo, dei Rugby World Cup Awards 2019 al connazionale Pieter-Steph du Toit, terza linea classe 1992 che nell’ultimo anno ha vissuto un’ascesa inarrestabile. Da oggetto misterioso anche per lo stesso Erasmus, du Toit è diventato rapidamente un giocatore unico e fondamentale per questa versione degli Springboks, visto che il 27enne porta in dote una fisicità impressionante e un’intensità sempre altissima su tutti gli ottanta minuti di gioco. Du Toit ha battuto la concorrenza oltre del connazionale Cheslin Kolbe anche del neozelandese Ardie Savea, del gallese Alun-Wyn Jones, dell’inglese Tom Curry e dello statunitense Joe Taufete’e.
Per concludere va menzionato il terzo posto raggiunto dalla Nuova Zelanda. Gli All Blacks di Steve Hansen hanno avuto la meglio nella finale terzo-quarto posto contro gli ex diretti rivali di ranking del Galles. Dopo l’inaspettata sconfitta rimediata in semifinale contro gli inglesi, la Nuova Zelanda gioca forse il miglior rugby mai visto (vincendo per 40 ) in quella che da molti giornali, è stata definita come la partita dei saluti. Non pochi infatti sono stati i giocatori che hanno chiuso la carriera con questa finale, inclusi i due allenatori Steve Hansen e Warren Gatlen che dopo anni e anni di direzione hanno deciso così, di chiudere nel migliore dei modi.
Finisce perciò la nona edizione della RugbyWorldCup in Giappone. Nonostante tutte le avversità, naturali e non, molti sono stati i traguardi raggiunti da questo splendido sport, che ancora una volta si conferma essere uno sport che unisce e appassiona ma che soprattutto ha come fondamenta, valori umani che dovrebbero essere alla base della società moderna e dai quale forse tutti noi dovremmo imparare.