Di Giulia Capobianco. Brillano: gli occhi di una donna brillano, sempre. Ma non tutti riescono a vederlo. Non tutti comprendono quella luce. Non tutti riescono a guardare oltre le gambe, il seno, le curve. Gli occhi di una donna brillano anche quando il proprio corpo non è uguale a quello delle altre donne. Quel corpo distrutto da un male che trafigge e segna ciò che c’è di più prezioso in lei.
119, 38. Apparentemente numeri insignificanti, eppure non sono solo numeri; perché nascondono le donne che muoiono sopra i settantacinque anni e, dai cinquantacinque ai settantaquattro, a causa di tumore. Lui, il male che la stravolge, lui che le strappa via quella chioma bionda e luminosa, che la trafigge lì dove può nascere un’altra vita. Tra le diagnosi tumorali femminili più frequenti, quella al seno, seguita poi da quella al collo dell’utero. Cosa c’è di più prezioso in una donna? cos’è che pigia sul pulsante del bagliore del suo sguardo? Diventare madre. Desiderio quasi istintivo, meraviglioso, ma non sempre raggiungibile. Quasi un incubo a volte.
“Ciao, sono Flavia, ho 38 anni e ho il cancro. Sono una donna, giovane, senza opinabilità. Sono alta, formosa, ma non sono felice. Ho il cancro, già l’ho detto. Ho un male, che non solo ha distrutto me, non solo ha distrutto il mio corpo. Ha trafitto e ridotto in mille pezzi il mio desiderio più grande. Sono Flavia, sono una donna e non posso diventare mamma. Non posso perché lui è tornato ancora e mi ha distrutta. Non posso perché ha spazzato via il posto dove potevo custodire il desiderio, lo ha portato con sé. Ciao sono Flavia e tra poco non sarò più con voi”.
Gli occhi di una donna, a volte, continuano a brillare. Brillano di speranza, brillano perché vogliono diventare madri. Gli occhi di Flavia non brillano più, si sono spenti quando ha saputo che qualcuno non esiste , e non esisterà mai.