Di Cecilia Cerasaro. L’Antigone diretta da Alessandro Anil è un tentativo di trascinare lo spettatore nelle logiche del mito, sullo sfondo di un salotto borghese dagli echi evangelici.
La rivisitazione di Anil dell’Antigone tenta di portare nella tradizione del celebre mito della classicità il patrimonio delle invenzioni sceniche e degli interrogativi della modernità e della contemporaneità. Al testo originale sono infatti integrati dialoghi tratti dalle riscritture del secolo scorso, come per esempio quella del 1944 di Anouilh, che restituisce a Creonte la sua identità di uomo di stato, il cui compito è proteggere e assicurare giustizia al suo popolo.
La rappresentazione cerca di rompere la rigidità delle convenzioni legate al teatro e di trasformare la scena in una sala da pranzo borghese, in cui gli spettatori sono invitati in una cena di amici già cominciata prima che la sala sia aperta al pubblico. Sembra la trama di alcuni celebri film usciti nel decennio scorso, come Perfetti Sconosciuti di Genovese. Ma il teatro ha nella possibilità di interazione uno strumento che il cinema non possiede: prima e durante lo spettacolo gli attori si prendono il compito di offrire agli invitati cibo e bevande e di coinvolgerli nella conversazione con l’intento di farli sentire ospiti desiderati. Tuttavia le frizioni interne a questa comitiva creano da subito un’atmosfera di tensione, che prepara alla tragedia.
Il tema della conversazione della compagnia è proprio l’eroina classica, la sua tragica storia e le motivazioni che da secoli la spingono ad agire sui palcoscenici di tutto il mondo e in tutte le lingue. Ma, mentre si riflette sulla possibile identificazione di un persona reale e contemporaneo con Antigone e la discussione sembrerebbe giungere a negare l’attualità del mito, gli amici che partecipano alla cena cominciano ad assumere ciascuno l’identità dei personaggi descritti da Sofocle.
Lo slittamento risulta in verità un po’ brusco e poco comprensibile, come la conseguente esclusione degli invitati-spettatori dalla cena in cui erano stati coinvolti, un’apparente incoerenza registica che sembra tradire l’impostazione originale dello spettacolo conviviale. Verrà recuperata solo in seguito, di nuovo troppo velocemente, sul finale, dopo gli applausi, quando ormai gli attori sono usciti dai panni dei personaggi della classicità.
Dice l’Antigone di Sofocle
Non sono nata per l’odio ma per l’amore
E il cambiamento delle dinamiche e del tono appare giustificato nel momento in cui lo spettatore si rende conto che quella che sembrava essere una cena tra amici è in realtà la fedele riproduzione dell’Ultima Cena così come è raccontata nel Vangelo. Il grande pregio dell’adattamento, infatti, è quello di esplicitare il chiaro parallelismo, individuato nei secoli da molti letterati, fra Antigone e Cristo, nel loro disperato tentativo di spiegare agli uomini la legge dell’amore, una legge che può essere, nella sua assolutezza nullificante, ingiusta agli occhi della ragione e crudele per la maggioranza delle persone, il cui animo è debole e non disposto all’estremo sacrificio.
La rappresentazione avrà luogo al teatro Vascello alle 22.00 del 24 Gennaio, nel contesto della finale della competizione del Roma Fringe Festival, manifestazione teatrale che si è tenuta presso il Mattatoio nei giorni dal 6 al 17 Gennaio.