Di Alessandro Duca. Asfalto perfetto, mezzi luccicanti, meccanici puliti e officine linde come sale operatorie. Dimenticate tutto ciò.
Dimenticatelo poiché si è da poco conclusa una delle gare più estreme, impegnative e pericolose del mondo, che ahimé, da qualche anno non gode più della risonanza che merita.
Stiamo parlando della Parigi-Dakar, oggi ribattezzata solo rally Dakar, dal momento che si svolge da diverse edizioni in sud America.
Una competizione che nonostante sia “giovane”, essendo stata ideata nel 1979, non ha mai fatto mancare emozioni forti, questo anche perché a partecipare non sono solo semplici vetture, ma anche camion, moto, quad e side by side.
Il tutto avviene in paesaggi spettacolari, crudi e selvaggi, senza piste battute dove l’orientamento è fondamentale e dove al posto di cordoli e muretti, gli ostacoli da superare sono animali selvatici, dune e vegetazione. Una corsa dove a fare da padrona è l’esperienza, oltre che il “manico”, questo a dimostrazione del fatto che la vittoria alla Dakar non è mai andata a un giovane; l’edizione 2020 non ha fatto eccezione, con la vittoria finale di Carlos Sainz ex pilota di rally negli anni novanta e padre di Sainz Junior che corre in F1.
Il percorso si articola in massacranti tappe che a volte superano i 300 km, con il terreno che cambia in continuazione e piloti e navigatori che in caso di guasti meccanici devono vedersela da soli, con i mezzi che spesso arrivano a destinazione con meno pezzi attaccati rispetto alla partenza, spesso ribaltandosi, come accaduto quest’anno a un certo esordiente che di cognome fa Alonso, ala prima partecipazione al rally Dakar.
Ma purtroppo, in condizioni del genere la corsa si macchia spesso di eventi tragici, che dalle prime edizioni si susseguono; anche quest’anno a perdere la vita sono stati due motociclisti, José Goncalves ed Edwin Straver. Come loro tanti altri negli anni precedenti, di cui diversi italiani, come Fabrizio Meone nel 2005, tra l’altro vincitore assoluto nelle edizioni precedenti, morti che purtroppo non hanno la stessa risonanza di altre, per via della minor fama di questi piloti.
Episodi che fanno capire la durezza di questa manifestazione, e così come accadeva un tempo per la F1, il vedere questi uomini in sella, o al volante, sfidare la morte crea sempre quel malsano fascino che dai tempi dei gladiatori l’uomo non sa farne a meno.
L’edizione 2021 vedrà un ritorno tra le dune africane che assicureranno spettacolo ad ogni tappa.
Per tutti gli appassionati dei rally e dei motori in genere non ci resta che augurare lunga vita alla Dakar, la più pazza corsa dell’anno.
Moto: un inferno di sabbia la Parigi-Dakar