Di Mattia Carpentieri. La Terra dei Fuochi continua a bruciare e a divorare le speranze di riscatto di un territorio che si sente sempre più periferia del mondo: dove tumori soprattutto infantili per gli avvelenamenti ambientali hanno prodotto un panorama di morte inimmaginabile. Il governo deve ora puntare sulla prevenzione e sul risanamento ambientale, sul monitoraggio del territorio e sul potenziamento delle attività sanitarie. Che l’imperativo dominante sia “d’ora in avanti non sono più ammessi alibi, omissioni o distrazioni”. Labbra serrate, occhi chiusi e mani legate non devono più far parte dell’immaginario collettivo del Sud Italia.
I dati dei registri del Santobono rendono pubblica un’informazione che potrebbe sollevare gli animi di tutti noi: per la fascia di età da 0 a 19 anni non vi è stato nessun picco. Comunque la Asl di Napoli ha allargato lo spettro di indagine monitorando l’intera platea della popolazione nei comuni sotto esame. Come ci si aspettava è arrivata la conferma, su basi scientifiche, di un rapporto causa – effetto tra i fattori inquinanti e la diffusione dei tumori.
Stili di vita errati, alto tasso di criminalità e indici di depravazione sociale fanno da cornice ai vari fattori inquinanti di un’area fortemente compromessa da un punto di vista ambientale. Roghi tossici e smaltimento di rifiuti speciali dell’industria in nero moltiplicano i fattori di rischio di un territorio nel quale l’inquinamento continua a pesare sul futuro degli abitanti e sulle prospettive di crescita socio-economica del territorio.
L’aria continua ad essere avvelenata dai maledetti fuochi. Quello che prima era un territorio agricolo, ora è una discarica di rifiuti tossici. Dove prima soffiava il vento, ora si respira la morte. Questo disastro ambientale e umano presenterà il conto ai bambini di oggi e agli adulti di domani.
Nonostante gli impegni promessi dai vari attori della politica italiana sul fronte della Terra dei Fuochi la svolta non è mai arrivata. Hanno solo reso la campagna partenopea una bandiera comune a tutti, ma nessuno ha il coraggio di issarla in alto, in cima ai problemi, dove meriterebbe di essere. Gli uomini dell’Esercito impegnati su questo fronte devono controllare una vasta area che si estende da Napoli a Caserta e il numero di uomini è insufficiente, anche perché, parlando chiaramente, sarà molto improbabile che troveranno un qualcuno con un cerino acceso in mano pronto ad appiccare il fuoco. Eppure tre anni fa era stata introdotta una normativa durissima per mandare in carcere chi appicca gli incendi. Oggi il bilancio è evidentemente fallimentare e il governatore De Luca ha annunciato l’acquisto di droni per monitorare giorno e notte la zona incriminata, con l’ausilio di sistemi satellitari.
Le promesse non sono state mantenute neanche per quanto riguarda lo smaltimento illegale di rifiuti tossici. Una vera a propria industria anti-ecologica in nero, che fattura milioni di euro tutti gli anni. I controlli fin qui messi in atto dallo Stato hanno appena scalfito l’imprenditoria dei malviventi napoletani, i quali grazie all’abbondante manovalanza continuano a smaltire le scorie come nulla fosse.
Lo Stato ha il dovere di fornire delle risposte, il popolo necessita di certezze, di basi solide sulle quali erigere il futuro di questa terra ingiustamente devastata. D’ora in avanti rigore scientifico, monitoraggio continuo delle fonti mediche ed efficacia delle risposte dovranno procedere di pari passo.
Tra roghi e aria inquinata la strada da percorrere, per risolvere questa situazione disastrosa, è sicuramente in salita e colma di ostacoli. Per risanare questo percorso sarà necessario l’aiuto di tutti, per poter finalmente tornare a respirare l’aria di casa, per poter finalmente vedere ancora una volta i bambini nelle campagne napoletane.