Di Claudia Adamo. Recarsi in Mozambico è come fare un tuffo in una realtà senza tempo, dove migliaia di bambini orfani camminano per strada a gruppetti, con i più grandi che accudiscono i più piccoli, sostituendosi a quei genitori morti troppo presto o per l’HIV o in qualche guerriglia armata. Ma la povertà in Mozambico è diversa da quella degli altri paesi, nei quali la gente vive di stenti oppure in modo semplice. Qui la povertà va oltre, ed infatti ciò che stupisce di più, immergendosi tra la gente del posto, è la totale mancanza di conoscenza di cosa ci sia nel mondo, anche delle cose più semplici, per cui a parte nella capitale Maputo o nei centri abitati più grandi, non è raro trovare una donna che non sappia cosa sia un costumino da bagno gentilmente regalatole per il suo bambino da qualche turista occidentale, o un uomo che non sappia cosa sia una calcolatrice e che a fatica conta con le dita di una mano quanto deve ricevere per la vendita dei suoi sacchetti di anacardi. Viaggiare sulla N1, una delle poche strade asfaltate e che collega il paese da Nord a Sud, e fermarsi in questi minuscoli centri abitati, anche solo per scattare una foto, da l’opportunità di vedere con i propri occhi quanto questa “ignoranza” consenta alla gente del posto di meravigliarsi, perché in un attimo si viene avvicinati da folle di persone curiose, che restano sorprese in particolar modo dai capelli morbidi e colorati degli occidentali, loro che invece sembrano così simili con i capelli ricci cortissimi, gli occhi scuri e la pelle nera. Tra quei tanti occhi neri però se ne scorgono di verdi o di azzurri bellissimi, sicuramente dovuti a qualche parente portoghese, data la dominazione durata fino al 1975, ma nessuno saprà dare risposta se gli si chiede loro il perché di quel colore così diverso da tutti gli altri. Per quelle migliaia di bambini e per quegli adolescenti cresciuti troppo in fretta, perché diventati già madri o padri non appena entrati nella pubertà, o per quegli adulti che vivono di pesca visti i 2.500 km di costa, tutto è stupore: la loro immagine riflessa in una foto al cellulare, vedere una turista che si spazzola i capelli, ricevere una penna per poter scrivere o semplicemente vedere una macchina piena di occidentali così strani ai loro occhi, che vengono accolti con tanti sorrisi, spesso rovinati dalla scarsa igiene.
Visitare il Mozambico è un’esperienza incredibile, ma non è per tutti, solo per i più coraggiosi, ovvero per chi non ha paura di sporcarsi con quella terra rossa che macchia indelebilmente i vestiti e le scarpe, per chi rinuncia all’agio dell’Occidente, per chi ha il coraggio di entrare in uno dei tanti ospedali per bambini e riesce a trattenere le lacrime nel vederli, nonostante tutto, felici nel giocare con le bolle di sapone o con dei quaderni da colorare regalati loro da qualche volontario, e per chi non si vergogna a commuoversi per gli abbracci e la gioia della persona a cui si è regalato un semplice braccialetto di plastica.
Mozambico: la povertà e la meraviglia