Di Rachele Masi. Vincitore del premio Oscar 2020 come “Miglior sceneggiatura non originale”, e tratto dal romanzo “Come semi d’ autunno” dell’ autrice Christine Leunens del 2004, “Jojo Rabbit” è riuscito a commuovere ed a divertire il pubblico, incassando 74,2 milioni di dollari.
Sicuramente sarà capitato a chiunque di guardare film che hanno come tematica principale il nazismo e lo sterminio degli ebrei, risaltando così l’ infamia della dittatura contro i giudei.
Bisogna considerare il fatto che questo non è il primo lungometraggio satirico; infatti, in passato anche altri film, hanno presentato un adattamento simile.
Non è da escludere, però, il fatto che la satira dietro ai personaggi nazisti in “Jojo Rabbit”, ha dato un’ atmosfera piuttosto leggera alla vicenda, mettendo a nudo l’ ignoranza e la stupidità dello stesso Adolf Hitler (rappresentato nel film come l’amico immaginario del piccolo Jojo), del protocollo nazista e di tutti coloro che ne erano seguaci.
Lo stesso Taika Waititi, regista e interprete ( nel ruolo di Hitler) di questo film, ha appunto affermato di voler rendere esilarante l’ inutilità delle leggi naziste.
Toccante è soprattutto l’ astuzia ed il coraggio di Elsa, una ragazza ebrea aiutata e salvata dalla mamma tedesca del protagonista, il cui carattere della giovane sembra rappresentare la forza ed il valore del popolo ebraico.
Tenerezza ed innocenza descrivono l’ atteggiamento sia del piccolo Jojo, che degli altri bambini, vincolati dai più grandi, a venerare Hitler e proteggere quell’ assurdo concetto di “razza”.
“Jojo Rabbit” è un film in grado di far riflettere, sorridere, e scaldare il cuore, tramite scene e citazioni di alcuni personaggi.
La sceneggiatura non presenta battute volgari o prive di senso, oppure scene che fanno scandalo; fatti che potrebbero accadere quando si parla di satira.
Interessante lo è in particolar modo l’ adattamento della trama che può essere apprezzato da adulti e bambini, e che ha tutte le qualità per diventare un cult del cinema internazionale.
Cinema: Jojo Rabbit, quando la satira emoziona