Di Luca De Lellis. Per ora la Lazio è la capolista della Serie A. Ormai da tempo si è delineata una lotta a tre che, complice le decisioni della Lega riguardo all’emergenza Corona virus, sta perdendo molta della sua spettacolarità. Con la vittoria sul Bologna, tra le più sofferte in questo periodo ormai prolungato di straordinaria forma dei biancocelesti (20 partite di fila da imbattuta), la squadra di Simone Inzaghi è certa che solo in caso di vittoria della Juve sull’Inter perderebbe il suo primato, ma allo stesso tempo allungherebbe sui ragazzi di Conte. Ad incantare nel pomeriggio dell’Olimpico è, come di consueto, Luis Alberto Silva Dos Santos. Un giocatore che prima di approdare a Roma era ad un passo dal ritiro: viene da pensare cosa si sarebbe perso il mondo del calcio se davvero il calciatore spagnolo avesse optato per quella decisione. Il centrocampista è la luce, il faro, probabilmente il giocatore più importante di questa Lazio. Il suo primo tempo è ai limiti della realtà: dopo pochi minuti accusa un problema fisico e sembra chiedere il cambio; subito dopo segna il gol del vantaggio, esce per farsi curare, rientra e regala l’assist a Correa per il definitivo 2-0. Semplicemente di un livello superiore. In generale tutta la squadra sta conducendo un campionato straordinario, le stesse seconde linee per le quali si diceva che fossero non adatte per lottare per il titolo si stanno rilanciando: a Genova Vavro se l’è cavata egregiamente nel sostituire un pilastro come Acerbi, Patric ha fatto lo stesso contro il Bologna; Cataldi quando entra è spesso decisivo, soprattutto con i suoi gol su punizione, solo per citarne alcuni. Ad oggi, dovessero stilarsi delle percentuali, Juve, Inter e Lazio avrebbero eguali opportunità. In questi casi però l’entusiasmo può fare la differenza, cosa che soprattutto ai bianconeri, ma anche ai nerazzurri, manca.
Contro un Torino ormai totalmente depresso, a cui neanche la cura Longo ha sortito alcun effetto, il Napoli conquista la sua terza vittoria consecutiva in campionato, la quinta nelle ultime 6 partite. Si può dire che ormai la squadra di Gattuso sia completamente guarita da una “malattia”, quella di inizio stagione, difficilmente comprensibile. I partenopei hanno riacquisito compattezza, spirito di sacrificio, capacità di affrontare i momenti complicati di una partita. Non offrono ancora quel gioco spumeggiante a cui questa società aveva abituato negli ultimi anni, ma si possono cogliere solamente segnali positivi da queste ultime uscite. Per i granata vale tutt’altro discorso: la squadra non c’è, non esiste alcuna idea di gioco, il cambio di allenatore non ha riportato nemmeno lo spirito combattivo che caratterizza il Toro da sempre. Eppure l’inizio di stagione era stato discreto, con buoni risultati alternati ad altri meno buoni, ma sempre con la stessa voglia di lottare. Qualcosa è cambiato, impossibile dall’esterno individuare cosa, ciò che è certo è il fatto che il club di Urbano Cairo sta seriamente rischiando di finire in brutte acque, o forse già ci è immerso.