Di Gemma Gemmiti. Scagli la prima pietra chi non ha mai alzato gli occhi al cielo in un momento di estrema felicità o grande preoccupazione, invocando lassù qualcuno di invisibile.
Confesso, ci sono passata anch’io, da bambina, ora ogni tanto mi sorprendo ancora a farlo.
Quando ho bisogno, quando da sola non ce la faccio a sopportare il “peso” di una grande gioia o di un immenso dolore.
Ma la domanda è: “Lassù, qualcuno ci ascolta?”.
Giovanna è convinta di sì, e ci racconta un po’ di sé. Di tutte quelle volte che si è affidata, ed è andata bene. Beata lei…
Giovanna ci fa riflettere. Ci emoziona. Qualcuno come me si commuove.
Siamo soli o abbiamo paura di esserlo e ci inventiamo da sempre qualcosa o qualcuno che ci osserva, e che mentre lo fa ci protegge? Una mano in testa e un bacio sulla fronte.
Sarebbe bello sentirsi dire: “Io ci sono, ci penso io, sta tranquilla!”, ma non accade. Non accade mai.
Oppure sì, ma siamo troppo impegnati per accorgercene. Chissà.
Giulia dice di sì, che la sente questa presenza. Giuseppe ne è convinto. Lui sa che “Lui” c’è. Chissà se poi invece Dio è Donna, come molti affermano.
«Non è mancanza di forza – dice Giovanna – è forza credere. È la fede che ti dà la forza: senza non potrei esistere».
Ci vuole coraggio ad avere fede, ci vuole forza ad affidarsi, ci vuole costanza a restare convinti che ci sia davvero un disegno, un progetto, un senso per ognuno di noi.
E invidio un po’ quelle mani giunte, son sincera, perché a volte, anzi spesso, vorrei avere quella forza, vorrei sentirmi protetta. Vorrei che ci fosse davvero un disegno, magari da colorare come più ci piace per dare qualcosa di sé, un contributo a quel suo tanto fare.
Mi abbraccia Giulia quando la lezione finisce, in questa “stanza che non ha più pareti ma alberi”, dove si respira un senso di appartenenza difficile da spiegare. È passato un bel po’ di tempo dalla prima volta che entrai lì, in un’aula apparentemente anonima dell’Ateneo. Un’aula qualunque, ero pronta però ad imparare qualcosa, costruirmi.
Un’aula piena di persone. Chi siamo? Tanti piccoli pezzi diversi di un unico puzzle. Ci sta ricomponendo il prof. Palma, quasi sapesse con un solo sguardo, chi è ognuno di noi. Sarà l’età (ma per carità, non ditegli che è – un – grande!), sarà l’esperienza, ma ci sa fare. Ci sa fare davvero.
È tutta la settimana che ci penso. All’esistenza di Dio intendo, e a tutti gli occhi che ho incrociato ancora una volta lì, nel “cielo in una stanza”. Occhi curiosi, tristi, allegri, convinti che la costruzione di sé passi attraverso la conoscenza dell’altro, in questo mestiere incantevole che ci stanno insegnando.
“Giornalisti di Vita” che sulla vita si interrogano. Continuamente.
Senza trovare risposte, ma il viaggio sta anche nel punto interrogativo.