Di Giulia Capobianco. Verità, luce sulla verità. Una realtà che la maggior parte delle volte viene brutalmente nascosta, gettata dietro le sbarre. Il giornalismo investigativo pone una lente di ingrandimento su quei bavagli, pone un faro, la cui luce è forte, alle volte fastidiosa. Ma necessaria per strappar via, quegli quei bavagli.
Bugie di regime. Interessi economici, geopolitici o politici. Potere, troppo potere. Questo è quello che alle volte si nasconde dietro quei stralci di realtà. Si nasconde in maniera sublime, quasi impercettibile dietro la definizione di un paese democratico, libero di gridare, libero di informare. Noi la realtà la vediamo ad occhio nudo, parvenza di bellezza e giustizia. “Cani da guardia” ci definiscono. Il cane fiuta e nulla gli passa inosservato. Il giornalista assomiglia a quel cane: in piedi di fronte alla vita, con un occhio che non è mai nudo, mai senza lente di ingrandimento, mai con un fiuto impreparato.
Quel fiuto ci dice che il bavaglio è allacciato per un motivo, e quel motivo va scovato. Loro vogliono la verità per un figlio sequestrato, massacrato e ucciso. Loro bramano verità e giustizia per la una figlia fatta a pezzi e gettata in una valigia. E noi cani da guardia, dobbiamo arrivare all’osso. Non possiamo restituirgli un figlio, non possiamo restituirgli momenti d’infanzia, frammenti di un’adolescenza incompresa, prime soddisfazioni e ultimi obiettivi raggiunti. Ma possiamo restituire un pezzo importante, prezioso, quasi sempre irraggiungibile: la giustizia. Rendere giustizia ad una donna stuprata o ad un uomo ridotto al silenzio, dietro le sbarre e costretto ad una violenza disumana.
Quel fiuto ci dice che nonostante il bavaglio nasconda parole, ci sono gli occhi. Ci sono i testimoni, ci siamo noi che osserviamo. Osserviamo e non con freddezza, al di la dei sentimenti che abbiamo come tutti.. Siamo pronti a scovare le bugie di regime e gli interessi geopolitici. Siamo pronti a smascherare quella falsa e apparvente libertà..quella falsa e apparvente democrazia.