Di Sara Mercuri. Il conto delle calorie, il salto di un pasto, il vedersi enorme o anche l’abbuffarsi di cibo, il correre in bagno a vomitare per i sensi di colpa, tutto questo è ciò che patisce chi ha i DCA.
I disturbi del comportamento alimentare (DCA) sono delle vere e proprie patologie, caratterizzate da una alterazione delle abitudini alimentari e da un’eccessiva preoccupazione per il peso e per le forme del corpo.
I principali disturbi sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e il disturbo da alimentazione incontrollata.
Queste patologie sono come una bestia che ti divora la mente, una mente che modifica la visione del proprio corpo.
E la mente è più forte di tutto, più forte della fame, più forte della stanchezza e della voglia di vivere.
L’ossessione di piacersi porta a perdere il contatto con la realtà, e ci si sente intrappolati in un corpo che non si riconosce.
Chi soffre di queste malattie è in continua battaglia con se stessi e con la vita. Intrappolati nelle insicurezze e nelle paure.
I DCA non sono capricci, non si tratta solo di un fattore estetico, sono patologie serie e come tali vanno curate.
Soffrire di un disturbo dell’alimentazione sconvolge la vita di una persona e ne limita le sue capacità relazionali, lavorative e sociali.
Per la persona che soffre di un disturbo dell’alimentazione tutto ruota attorno al cibo.
Cose che prima sembravano banali ora diventano difficili e motivo di ansia, come andare in pizzeria o al ristorante con gli amici, partecipare ad un compleanno o ad un matrimonio.
Quindi ci si allontana da tutto, perché la malattia ti porta via tutto, le passoni, gli amici, l’emozioni.
Ci si sente un ingombro per le persone che si ha accanto e molto spesso questi pensieri mettono delle radici profonde.
Abbiamo intervistato Fabiola De Clercq, la fondatrice di ABA (associazione bulimia, anoressia) che ha sofferto di queste patologie in prima persona e ci ha raccontato di aver creato quest’associazione dopo la morte di una ragazza di 17 anni, con lo scopo di aiutarne tante altre a combattere per farcela.
– Lei ha sofferto in prima persona di bulimia e anoressia, qual è stata la causa scatenante?
“Si ne ho sofferto per oltre vent’anni, ce ne sono state diverse, le prime sono stati degli abusi sessuali che ho subito ad un età molto precoce, tra i 3 e i 9 anni, e poi c’è stata la morte di mio padre che è avvenuta quando avevo 9 anni”.
– Qual è stato il primo passo per uscirne?
“Ho chiesto aiuto quando avevo 17 anni, in tempi abbastanza complicati perché non si parlava di psicologia ne di niente quando avevo questi problemi, però ho avuto la fortuna di avere persone che giravano in casa che erano psicologi e quindi ho chiesto a mia madre se gli potessi parlare”.
– Le persone care che aveva in qual periodo si sono accorte che stava perdendo peso? E come hanno reagito?
“No, la risposta è no, non sono stata affatto aiutata dalla mia famiglia però diciamo che hanno accettato di farmi parlare con questo primo clinico e poi ho continuato da sola a chiedere aiuto ad altri specialisti”.
– Lei soffriva ancora di queste patologie quando era incinta, come ha affrontato la gravidanza?
“Si mi sono sposata a 20 anni, ho avuto mio figlio a 21 e purtroppo dopo la nascita del mio primo figlio, (ne ho avuto un altro più avanti quando ero guarita), sono peggiorata moltissimo. La gravidanza è stata ottima, ero felicissima di avere questo bambino, però dopo la nascita sono stata molto male, per tante ragioni sono peggiorata, non per la gravidanza ma per una serie di concause”.
– Queste patologie hanno influito sulla sua vita di coppia? E sulla vita sessuale?
“Direi di si, anche se mio marito mi era molto vicino, però era più complice che vicino, i mariti, compagni e fidanzati diventano molto facilmente complici purtroppo, e questa è una cosa che io vedo nel lavoro che faccio. Probabilmente si scelgono dei compagni che sono persone che hanno paura di rimanere sole e fanno poco da questo punto di vista, sono persone fragili e quindi non si possono trovare delle soluzioni in un matrimonio o una maternità”.
– L’anoressia oltre alla perdita di peso, quali altre patologie può portare?
“L’anoressia è la prima causa di morte nelle malattie psichiatriche”.
-Quindi si tratta principalmente di un problema psicologico?
“Non è certamente il Covid delle anoressie e bulimie, se fosse un virus ci sarebbe prima o poi una cura farmacologica, con queste patologie bisogna parlarne con dei terapeuti molto ben preparati che sappiano trattare di abusi sessuali che non ne abbiamo paura, perché purtroppo ne hanno paura tutti. Molti psicoterapeuti cambiano discorsi o non sono all’altezza di alcune questioni, sono spaventatissimi quando si parla di traumi sessuali e abbandonano la partita con ogni tipo di sotterfugio, di scuse e queste pazienti si sentono completamente abusate per la seconda volta, anche dal curante. Non basta essere uno psicologo per curare qualsiasi cosa, c’è psicologo e psicologo, naturalmente la mia equipe è formata e si aggiorna, sono stata per 25 anni alle loro costole in tutti i modi, ma devo dire che non ho fatto fatica perché sono persone di un certo tipo e sono tutti specializzati nella cura dei traumi sessuali e quindi non fanno degli errori clamorosi come senti da chi viene da noi e ci racconta di approcci passati”.
– Come possiamo aiutare le persone che soffrono di queste patologie?
“Se si vuole veramente aiutare bisogna stargli a fianco e insistere fino a rendersi antipatiche, ma io credo non lo si diventi mai, perché queste persone anche se si difendono dicendo che stanno benissimo poi alla fine cedono e apprezzano che gli si stia addosso. In genere la famiglia tenta in tutti i modi di difendersi e non vedere, almeno che la figlia non cominci ad avere delle vere e proprie catastrofi organiche. Le madri si sentono spesso fallite per avere una figlia che soffre di queste patologie e se potessero far sparire queste figlie nel nulla in qualche modo lo farebbero, è come se si vergognassero”.
– Un messaggio che vuole mandare a tutte le ragazze e ragazzi che si trovano in questo momento a combattere con i disturbi del comportamento alimentare
“Chiedete aiuto, chiedete aiuto subito, non lasciate spazi nel tempo perchè il rischio è di sopravvivere invece che vivere, perché arrivano persone che raccontano di aver mangiato contato per 40 anni e di non aver potuto vivere mai e sottolineo mai”.
E’ importante che il cibo sia il contorno delle nostre vite e non il protagonista. Ricordiamoci sempre che la malattia non definisce chi sei, la forza si.