Di Matteo Grassi. Sembra ieri il 4 Maggio 2021, data in cui la Roma ufficializza il suo “matrimonio” con Jose Mourinho, lo “Special one”, uno degli allenatori più vincenti della storia del calcio. La caratura internazionale e le ambizioni del mister avevano sicuramente galvanizzato la piazza, c’è da dire che con questa scelta la società afferma una netta volontà di creare una mentalità e la necessita di affidarsi ad un “must” nei tecnici per tornare a calpestare palcoscenici di rilievo. L’investimento della società è tutt’altro che banale, triennale da 7 milioni, netti, annui e rassicurazioni sul mercato, 100 milioni (circa) spesi nel solo mercato estivo. Questi dati sono determinanti per analizzare questa stagione che sta volgendo al termine. Con la scelta di Mourinho era giusto aspettarsi un gioco risolutivo, fatto di compattezza e ripartenza volto al solo raggiungimento del risultato e non di un gioco spettacolare fatto di possesso palla e aggressione. Il primo grande problema sta proprio nei risultati, facendo un parallelismo con lo scorso anno la Roma ha 3 punti in meno e l’obbiettivo Champions, nonostante non sia un’utopia, potrebbe sfuggire nuovamente. La triste realtà è che la Roma di Mourinho è spesso senza identità, senza un’idea tattica e senza gioco, si affida alla giocata del singolo che tante volte non arriva. Analizziamo e ricerchiamo però nel dettaglio quelli che possono essere i punti dolenti di questa Roma. Il primo grande problema della Roma è l’aspetto difensivo, la stabilità e l’assetto solito delle difese del tecnico portoghese non c’è o quanto meno è molto incostante; il passaggio ad un modulo con la difesa a quattro e il ritorno, per necessità legate ad infortuni, alla difesa a tre hanno fatto emergere gravi lacune che culminano con i sei goal presi contro il Bodo glimt, non stiamo di certo parlando del Milan degli olandesi. Certezze della passata stagione come Ibanez e Mancini si sono in realtà rivelati come giocatori piuttosto inaffidabili. Ulteriore problema è legato ai terzini, l’acquisto di Vina per sostituire Spinazzola non ha dato i frutti sperati e a destra Kasdorp un po’ come tutto il pacchetto difensivo ha offerto prestazioni altalenanti. Grandi difese tante volte sono accompagnate da un centrocampo di spessore, vale lo stesso per il discorso inverso, le chiavi del centrocampo giallorosso non hanno ancora un proprietario, non c’è un leader che smuove gli equilibri soprattutto nella fase di prima impostazione. A salvarsi c’è capitan Pellegrini che in fase di rifinitura quest’anno ha fatto il salto di qualità, questo però non può colmare tutte le lacune che la Roma ha nello sviluppo del gioco che a tratti risulta davvero imbarazzante, il primo tempo in casa con il Verona è la foto esplicativa delle difficoltà di costruzione in questa stagione. Ennesimo elemento, problema ormai ricorrente nella Roma è quello di avere una panchina non all’altezza, che possa garantire una scelta al tecnico e che soprattuto possa soprassedere all’infortunio di determinati elementi. Se è vero che l’aspetto del gioco può essere migliorato, un elemento sul quale la Roma ha deluso è quello emotivo caratteriale, la risposta dei giocatori come uomini tante volte è mancata dei cali di concentrazione ingiustificabili, i tre goal in 10 minuti contro la Juve sono l’esempio più concreto. Al netto dei limiti e delle lacune la Roma può avere ancora molto da dire su vari fronti.D’ora in avanti ci si aspetta un salto di qualità, anche contro le grandi, fame, cattiveria e risultati devono essere i must di questo ultimo spezzone di stagione. Da non sottovalutare la Conference League che al netto delle pretendenti è una competizione che vede la Roma tra le favorite, deludere anche qui aggiungerebbe solo ulteriori ombre su questa annata. La Roma ha il proprio destino tra le mani, solo il tempo ci dirà se saprà affermarsi come gruppo “sbranando” le dirette avversarie o se dovrà leccarsi le ferite al fronte dell’ennesima stagione deludente.