Di Cristiano De Angelis.E’ noto a tutti che negli ultimi anni il mondo dell’intrattenimento sia stato totalmente rivoluzionato dalle numerose piattaforme di streaming alla disponibilità di chiunque abbia una connessione internet e circa 15 euro mensili da spendere, non è infatti raro sentire di persone che in modo più o meno graduale abbandonano completamente l’abitudine del guardare la televisione in favore di un più efficiente abbonamento Netflix o prime video.
Bisogna infatti ammettere che la possibilità di poter scegliere cosa e quando guardare un qualsiasi prodotto audiovisivo è sicuramente più allettante del doversi accontentare di quello che invece ci sarebbe stato imposto a quell’ora in tv, e che quindi una piattaforma streaming ha molte più possibilità di rendere soddisfatto uno spettatore in confronto ad un classico network. Ad un primo impatto tutto ciò può sembrare un procedimento semplice, alla fine è naturale che con il tempo l’innovazione prenda il sopravvento, tuttavia un effetto che spesso non notiamo o al quale non diamo troppo peso è come questo procedimento abbia influenzato il modo in cui consumiamo i media e come anche essi si sono evoluti di conseguenza.
Basti solo pensare che inizialmente le serie erano scritte e dirette con l’idea di trasmetterle con cadenza settimanale, ogni episodio quindi era composto da una trama principale (che poteva essere la trama della stagione o quella autoconclusiva dell’episodio) e una o due trame secondarie le quali solitamente non avevano conseguenze durature sul resto della serie, ciò era fatto cosi che uno spettatore casuale che si fosse imbattuto nella serie facendo zapping potesse comunque avere un idea generale di cosa stesse succedendo e quindi godersi gli episodi in programma per quella settimana e magari sintonizzarsi la settimana seguente per vederne altri; ciò comportava una certa limitazione nella vastità di tematiche e trame che si potevano affrontare nel corso di una stagione, in quanto bisognava avere comunque una continuità semplice da poter essere iniziata da qualsiasi episodio; ciò portò all’epoca d’oro del genere sitcom, in quanto la loro struttura autoconclusiva e il loro raro bisogno di affrontare trame lunghe e complicate le rendeva il genere ideale ma soprattutto più redditizio da produrre e trasmettere regolarmente.
Qualcosa cambiò con l’avvento dei cofanetti di dvd in larga scala, che portarono ad una lieve seppur importantissima diversificazione dei generi affrontati, infatti ora gli scrittori potevano spingersi molto più in le con le storyline in quanto lo spettatore aveva la possibilità in caso fosse appassionato della serie ma si fosse perso qualche episodio (o semplicemente volesse rivedere la serie a proprio piacimento) di acquistare una o più stagione in un comodo formato dvd spesso accompagnato da una gradevole confezione stilizzata;
Ma la vera rivoluzione inizio seriamente con l’avvento di Netflix, infatti quello che era inizialmente un sito di noleggio dvd divento presto un sistema di streaming online a pagamento dove chiunque fosse abbonato aveva a disposizione un vasto catalogo di prodotti multimediali fra film e serie tv da poter consumare a proprio piacimento.
L’effetto che questa nuova modalità di consumo ebbe sulle serie tv fu impressionante, le sitcom e comedy iniziarono sempre di più a diradarsi lasciando lo spazio ad altri prodotti, più complessi ed elaborati; le piattaforme infatti notarono molto presto che con l’avvento del binge watching serie tv con una struttura episodica o create con in testa lo schema settimanale avevano tendenzialmente meno successo di quelle create con lo schema del dvd boxset, così quando si presento la possibilità per Netflix e prime video di investire nella produzione di serie originali la scelta fu ovvia e redditizia, così redditizia che nel giro di pochi anni si evolse e divenne lo status quo.
Sono anni infatti che le serie vengono realizzate non più come singoli episodi ma come grandissimi lungometraggi divisi in spezzoni più piccoli e digeribili; le serie sono passate dall’avere circa 20 episodi da 25 minuti con la possibilità di interruzioni pubblicitarie in una stagione ad un molto più adatto al binge watching 10 episodi da 45 minuti ininterrotti, le sigle non sono più strofe di canzoni isolate di circa 2 minuti ad un massimo di 30/40 secondi generalmente senza testo; ma il formato non fu l’unica cosa a cambiare, le trame divennero sempre più complesse ed elaborate, visto che il modo in cui venivano guardate le serie era diventato molto più vicino ad un film che alla loro originaria concezione, molti registi decisero di trasferirsi almeno momentaneamente in questo mondo dove potevano realizzare tranquillamente pellicole da 9 ore, che tanto sarebbero state editate e distribuite come serie tv, dando il via a quello che penso sia quasi unanimemente accettata, come l’era d’oro delle serie TV.
In conclusione è vero che la televisione è cambiata, ed è anche vero che l’accessibilità indiscriminata ha permesso a tanti prodotti mediocri di proliferare come funghi sul suolo di piattaforme come Netflix, Prime Video e più recentemente Disney + ma penso che a conti fatti chiunque possa concordare che ne può valere la pena visto tutto quello che lo spettatore ha finito per guadagnare da tale compromesso