Di Alessandro Gibertini. Con l’attualissima vittoria alle elezioni, Giorgia Meloni si appresta a cambiare la concezione dello sport in Italia, aprendo le porte ad una nuova era. Un periodo storico in cui, idealmente, tutti i giovani avranno diritto all’attività fisica, considerata dalla nuova premier una “cura per le devianze sociali”. C’è ancora distanza tra proposta e realtà, ma le polemiche già impazzano: “Solo una scusa per tagliare le risorse sanitarie”.
La pandemia mondiale ha avuto degli effetti catastrofici. Trovarsi tre mesi in lockdown, poi con le mascherine per anni, con una limitazione netta nelle interazioni, non ha fatto altro che adagiare sugli allori i giovani, spogliati di ogni responsabilità civile. Nessuno mette in dubbio le difficoltà di questi ultimi, con le ali tarpate. Ma è oggettivo come lo stile di vita sedentario sia diventato di carattere comune, come il tasso di criminalità si sia alzato e così via. Ci sono virtù che si apprendono con l’esperienza. È normale che stando a casa, nella propria comfort zone e non parlando con gli altri (se non con il cellulare) porti ad una non corretta acquisizione di determinati valori. Ed è proprio da qui che Giorgia Meloni vuole ripartire. La nuova premier prende spunto dal modello islandese. In un video che la ritrae sul web, afferma come la “piccola isola vichinga” sia cresciuta esponenzialmente dal punto di vista civile, in poco tempo, grazie allo sport capace di debellare o, comunque, aiutare in parte le persone “deviate” (parola forte per indicare tossicodipendenti, malviventi, obesi…) oltre che abile nell’impartire lezioni di vita. A questo si aggiunge l’investimento totale sui ragazzi. TUTTI sono uguali e vige la meritocrazia, l’uguaglianza nelle opportunità. Un bel programma, certo, ma che deve far conto con una popolazione completamente differente sia per numeri sia per idee. L’Italia non è l’Islanda. E viceversa. Applicare una legge così ferma nelle intenzioni può far scatenare il caos. Non a caso, i consensi faticano ad arrivare. Da aspiranti medici a chi il medico lo fa di mestiere e chi li rappresenta al potere. Eco giunto anche alla squadra di calcio più schierata politicamente del mondo, il St. Pauli (“Noi siamo antifascisti” su Instagram). La neo-governatrice avvalora la sua tesi con la propria storia, affermando che, da piccola, veniva presa di mira in continuazione per il peso del corpo, sottolineando in rapida successione come l’attività fisica l’abbia “salvata”. Oggi è una donna di sport. Anche Lorenzo Casini, presidente della Lega Serie A, si è espresso, dichiarando di aspettarsi il riconoscimento dell’importanza del calcio a 360 gradi da parte del governo e ciò che esso può portare, ponendo l’accento sulla crescita del paese, non solo economica. La richiesta è la partecipazione e il rinnovamento di impianti abbandonati a loro stessi.
La parola chiave è ripartire, insieme. I valori sportivi possono essere un’ancora di salvezza e di crescita su piccola e larga scala.