Di Alessia Varlotta. Il funambolo è per definizione colui che si destreggia, in modo spericolato, in vari giochi cercando di trovare il giusto equilibrio; questa ricerca di equilibrio è alla base di chi soffre di anoressia nervosa.
Spesso si pensa che anoressia e anoressia nervosa siano la stessa cosa ma, se l’anoressia è la mancanza di appetito dovuta ad un trauma dalla quale si può guarire, l’anoressia nervosa è una grave patologia psichiatrica dalla quale raramente si guarisce.
Estremamente attuale ed estremamente ignorata, ridotta ad una devianza che si cura con sport e buona alimentazione; molte persone non sanno nemmeno di soffrirne, nascondono tutto dietro ad un “va tutti bene tranquilla, ho tutto sotto controllo”, spoiler: non è mai tutto sotto controllo.
“Vivi” in un limbo circondato solo da vuoto e oscurità, aspetti arrivi domani senza troppe pretese, speri di ritrovare te stesso anche se ti senti annegare nel dolore più profondo; le persone pensano non sia nulla grave e ti dicono “sei bello così” ma non si tratta di aspetto fisico, si tratta di insicurezze per troppo tempo tenute nascoste che non aspettavano altro se non il momento giusto per farti precipitare.
Cosa ti rendeva davvero felice? Non lo sai più, senti di aver perso tutto: le passioni, i sogni, gli obiettivi, la gioia e a questo punto ti chiedi: posso continuare a vivere così?
La risposta ovviamente è no… ma poi ti volti indietro e vedi la tua famiglia e i tuoi amici, soprattutto i tuoi amici, che hanno fatto troppi sforzi per te e così, anche per loro, provi ad attraversare il filo per raggiungere la meta ma presto ti rendi conto di non potercela fare da solo.
Hai paura e lo capisco, vorresti scomparire e capisco anche questo, ti chiedi chi sei perché non ti riconosci e io provo a dirtelo eppure tu non mi ascolti, e così passano giorni… poi anni, e nulla cambia.
Continui a dirmi di non farcela e di sentirti solo una proiezione sfocata di quello che un tempo eri tu, ma io continuo a vedere TE ed è per questo che ti prendo per mano e provo ad accompagnarti alla fine del filo, ma tu, da sempre più testardo di me, lasci la mia mano e cadi e ti perdi in te stesso.
Ammetto di aver mollato ad un certo punto, avessi insistito di più forse ce l’avresti fatta o forse no, questo non lo so perché per un periodo ci siamo separati e abbiamo messo da parte questo problemi fino a quando non hai fatto una bella cavolata e hai toccato il fondo, lì non ti ho più visto per un bel po’ ma continuavi sempre a dirmi “non ce la faccio più” e ancora “perché la vita è così triste?”.
Forse davvero la vita è triste, ma questo perché vogliamo sempre qualcosa in più, a volte ci basta poco per ritrovare la gioia atre volte qualcosa di più difficile da ottenere, come il sentirsi amati.
Ora forse stai bene, o forse questo è solo quello che ti ripetono i tuoi demoni interiori quando ti guardi allo specchio e vedi solo buio, oscurità, delicatezza…
La malattia non è solo nella tua testa ma esiste, e spero tu riesca a raggiungere la fine del filo e se avrai bisogno di un po’ di stabilità io potrò essere il tuo asse perché tutti nella vita meritano di trovare una persona da definire come “punto fisso”, quella persona che ci sarà sempre poiché nessuno dovrebbe mai affrontare il filo da solo.