Di Michelle De Ritis. Amore, nostalgia, consapevolezza: sono queste le sensazioni di cui il professore Alessio Mariani, in arte Murubutu, tinge uno dei suoi capolavori, ‘Mara e il Maestrale’.
È una storia d’amore che vede protagonista una donna, Mara, affetta da Alzheimer, che, durante la giovinezza, conobbe colui che diventerà, poi, il suo futuro sposo, Nando.
L’Alzheimer è una condizione paragonabile ad una tempesta: d’un tratto, soffia ricordi di una vita, ti priva della tua essenza, muori restando vivo.
‘Io ti guardo dentro agli occhi e non so chi sei, nel riflesso nei tuoi occhi non so chi c’è’: è una subdola crudeltà essere guardati con occhi sfuggenti, vuoti, evasivi, occhi di chi ti considera uno sconosciuto, occhi che non si auto riconoscono.
Non è una malattia individuale, colpisce chi ne soffre e chi lo circonda; i ruoli si invertono: figli che per necessità si ritrovano a fare i genitori; richiede costante attenzione e cura. Penetra tacita nella vita delle persone, schiarendo i bordi dei ricordi fino a prendere il sopravvento, dissolvendoli, privandoci del diritto di salutare, per un’ultima volta, il nostro caro.
‘Per le canzoni e le promesse ho una memoria eccezionale’, forse quegli occhi non sono, poi, del tutto confusi: ‘E forse chiudo i miei occhi e ti ritrovo nel cuore’, seppur la condizione non lo permette, i ricordi del passato si sedimentano, riemergendo, sporadicamente, quando una briciola di lucidità riaccende, per un breve istante, il lume della ragione.
‘Ma un giorno Nando sparì’, o così credeva Mara, ‘Mara non è sola, vive nella vecchia casa nel vento. A volte chiede delle risaie, guarda i campi non capendo. Quando esce per la campagna c’è un vecchio che l’accompagna, chi passa lo chiama Nando e lui saluta col cappello’.
È una vera e propria poesia, malinconica ma al contempo romantica, Nando è sempre lì, accanto a lei, pronto a sostenerla, ad assecondarla, simbolo di un amore incondizionato, mai rassegnato, di una promessa eternamente rinnovata.