Di Filippo Cretoni . Che Jannik Sinner sia, da qualche anno a questa parte, tra le più grandi speranze del tennis italiano è cosa nota. Una stagione così complicata però forse non se la aspettava nessuno.
Il giovane rosso di Sesto ne ha dovuti ingoiare tanti di rospi nel corso del 2022. Sono stati ben quattro i ritiri stagionali, arrivati quasi tutti in momenti delicati della stagione: a Miami dove è stato privato di una possibile finale e la stessa cosa è successa a Parigi. L’ultimo in ordine di tempo è avvenuto a Sofia qualche settimana fa e lo sta costringendo ancora ora lontano dai campi. Il rientro dovrebbe essere a Vienna e poi a Bercy.
Se il fisico è stato sicuramente un tasto dolente in questi mesi, Jannik sta facendo i conti anche con una situazione psicologica assai complessa che si sta trascinando da quella maledetta notte Newyorkese, in cui gli dèi del tennis hanno stabilito che non era ancora arrivato il suo momento.
Perdere un match di oltre cinque ore e con match point a favore, contro colui che pochi giorni dopo è diventato il numero uno del mondo, non è facile da metabolizzare. E per quanto Jannik cerchi sempre di estrarre il positivo da ogni situazione, è chiaro che tale delusione stia ancora aleggiando nella sua mente e stia facendo sentire il proprio peso.
Arrivati dunque alle battute finali della stagione, con una condizione fisica incerta e le ATP Finals sempre più lontane, si potrebbe pensare ad un’annata al di sotto delle aspettative.
Per certi versi quest’affermazione potrebbe essere vera. Ma se qualcuno crede che sia tutto da buttare, forse è perché non ha seguito il giovane altoatesino con la giusta attenzione.
È vero che gli infortuni sono stati tanti, ma è altrettanto vero che quest’anno Sinner non ha mai avuto il tempo di fare una preparazione fisica completa. A febbraio, il mese in cui era stata programmata, non solo si è preso il covid che gli ha impedito di allenarsi per diversi giorni, ma ha anche deciso di dare una svolta alla sua carriera, lasciando Riccardo Piatti e il suo storico team per intraprendere una nuova avventura con Simone Vagnozzi (al quale si è poi aggiunto il super coach australiano Darren Cahill all’inizio dell’estate).
Questo ha comportato un cambiamento tecnico non indifferente. Lo ha portato a doversi allontanare dai suoi punti di riferimento e a esplorare nuove zone del campo per raggiungere una maggiore completezza di gioco.
Da questo punto di vista i progressi sono evidenti e innegabili. Dopo otto mesi di lavoro col nuovo coach, Jannik ha compiuto dei passi in avanti giganteschi nel gioco di volo e nella continuità del rendimento. Il servizio è un cantiere aperto, ma anche lì si nota una maggiore capacità di variare e di incidere. Ciò che ancora manca è la percentuale, ma per quello gli va dato il tempo di automatizzare il movimento.
Anche i risultati, se letti superficialmente, potrebbero apparire deludenti, ma non è affatto così. Certo ha vinto un solo torneo 250 quest’anno, ma ha raggiunto tre quarti di finale Slam e anche nei Masters 1000 si è sempre piazzato. È mancato il grande exploit, e lì gli stop forzati hanno inciso negativamente, ma Sinner ha avuto una costanza nettamente maggiore rispetto alle scorse annate. Non è un caso che sia tra i giocatori che hanno vinto più partite nel 2022, nonostante abbia potuto disputare meno tornei di tanti altri.
Sicuramente c’è ancora molto da migliorare sia tecnicamente che fisicamente. Il potenziale è altissimo, ma non va messa fretta al ragazzo. Sarebbe ingeneroso chiedergli tutto e subito, soprattutto alla luce dell’anno travagliato che è stato costretto a vivere.
La cosa più importante sarà riuscire a fare un’ottima preparazione invernale prima dell’Australia, puntando a irrobustire quel fisico che troppe volte lo ha costretto a nascondere le lacrime e la frustrazione.
Tornando al presente la speranza è che la caviglia guarisca nel miglior modo possibile, cosicché Jannik possa giocarsi le sue chances in questo finale di stagione. Se la qualificazione a Torino, come ormai è quasi certo, non dovesse arrivare non importa. L’essere, ad oggi, tra i primi 15 nella Race e alle soglie della top 10 nel ranking nonostante tutti gli ostacoli e le difficoltà, deve renderlo orgoglioso di sé stesso e di quello che sta facendo.
Jannik è uno stakanovista, uno che fa dell’umiltà e della resilienza la sua forza. Basta avere pazienza e fiducia perché sicuramente, come dice lui stesso, il lavoro prima o poi pagherà.