Di Alessandra Di Stefano. E’ partito il lungo tour di Pretty Woman il musical, firmato Stage Entertainment e con la regia
di Chiara Noschese . La storia ormai la si conosce bene, avendo come punto di riferimento
l’omonimo film degli anni ‘90 con protagonisti gli iconici Julia Roberts e Richard Gere. Molte
generazioni si sono emozionate guardando questa fiaba moderna in cui due mondi opposti
si incontrano. Da una parte abbiamo un uomo ricco e di successo, dall’altra una giovane
prostituta in cerca di un cambiamento che dia una svolta alla sua vita. Ci si domanda
vedendo i cartelloni pubblicitari, se sia una buona idea fare uno spettacolo musicale sulla
base di un film già così famoso. Ovviamente sì, se l’obiettivo è quello di riempire il teatro.
No, se non hai nulla da aggiungere ad una storia già collaudata e amata da molti. Un film,
forse un po’ anacronistico nel 2022, se diventa un musical è per l’esigenza di esprimere
qualcosa in più attraverso la musica. Purtroppo non è stato così. Le canzoni, tradotte dalla
versione inglese di Bryan Adams, non scavano a fondo nell’emotività dei personaggi,
ribadendo concetti già noti.
La contraddizione più grande che si avverte è quella di un cast molto preparato inserito in
uno show che palesemente non regge. Tutti gli artisti selezionati, sono decisamente più
bravi rispetto a quanto lo spettacolo possa essere bello o interessante. Si ha la costante
sensazione di esser davanti a degli chef stellati, che invece di esser messi alla prova con la
preparazione di piatti ricercati, sono costretti a preparare per due intere ore, patatine fritte. E’
una gioia interrotta vedere che tanta bravura non venga sostenuta dal testo portato in scena.
Una meravigliosa Beatrice Baldaccini nel ruolo di Vivian Ward (Julia Roberts) mostra
numerose sfaccettature di un personaggio con una caratterizzazione minuziosa e specifica,
ma le canzoni non hanno la stessa personalità forte che emerge dal lavoro dell’attrice. Il
coprotagonista, Edward Lewis (Richard Gere), interpretato nella versione italiana da Thomas
Santu, non mostra una particolare evoluzione nel corso del racconto. Dal primo all’ultimo
brano si mostra affascinato e innamorato della ragazza, sminuendo un percorso psicologico
del personaggio, fondamentale ai fini narrativi. Il fatto che un miliardario si avvicini ad un
mondo totalmente slegato dal suo, come quello dei bassifondi di Hollywood in cui vige
prostituzione e povertà, è assolutamente uno snodo narrativo essenziale che non può
passare in secondo piano. Al fianco della scoppiettante e mutevole Baldaccini, si fa fatica ad
apprezzare un personaggio così lineare e statico.
La contraddizione non si limita unicamente ai protagonisti. Tutti i performer in scena si
rivelano preparatissimi. Dal poliedrico Christian Ruiz, che interpretando più ruoli si mostra
costantemente diverso ma sempre accurato e al posto giusto, a Giulia Fabbri che è passata
dall’interpretare una “Mary Poppins” nella produzione Disney 2020, a Kit De Luca, la
sregolata migliore amica e collega di Vivian. Una trasformazione degna di una vera artista
mutaforma in grado di plasmarsi di fronte a spettacoli con caratteri totalmente diversi.
L’unica cosa che resta e non cambia mai, è la sua potenza nel canto.
E’ doveroso inoltre elogiare l’ensemble, che ha impreziosito lo spettacolo. In particolar modo
i ragazzi. Hanno mostrato una fortissima preparazione tecnica nella danza, sapendo
incorniciare le scene con molta cura ed eleganza.
Questo spettacolo vale la pena di essere visto grazie agli artisti che lo portano in scena,
grazie alle loro voci potentissime (anche liriche) e soprattutto grazie alle scene ico

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