Di Michela Di Carlo. 20 Agosto 1989, i fratelli Erik e Lyle Menendez, di 18 e 21 anni uccidono con una raffica di colpi i genitori Jose e Kitty. Un omicidio come molti altri, in cui i responsabili vengono incarcerati e condannati all’ergastolo, tutto uguale a molti altri delitti, si pensava che il movente fossero i soldi ma non era del tutto vero.
Ultimamente si è tornato a parlare del loro caso sui social, secondo l’opinione pubblica c’era qualcosa che non era stato preso in considerazione ai fini della condanna. I fratelli avevano dichiarato infatti di subire abusi sessuali da parte del padre frequentemente, non che questo possa giustificare le loro azioni, ma il fatto non è stato minimamente preso sul serio in aula. Essendosi svolto il processo all’inizio degli anni ’90 il tema degli abusi sessuali subiti dagli uomini non era assolutamente di rilievo e veniva addirittura deriso.
Questo ha portato gli utenti dei social a chiedersi: “se questi fatti fossero accaduti nella nostra epoca il verdetto del processo sarebbe cambiato?” oppure “quanto avrebbe influenzato la giuria sapere che i due avevano subito abusi sin da piccoli?”.
Un omicidio resta un omicidio ma forse il movente non era il semplice desiderio di ereditare i soldi dei genitori ma la disperazione di non poter parlare degli abusi subiti solo perché uomini.
Certo questo rimane un caso chiuso ma quanti altri casi potrebbero essere stati trattati allo stesso modo, non considerando che magari dietro a certi gesti estremi c’era un grido di aiuto che non era stato ascoltato prima e che ha portato conseguenze orribili.
Azioni del genere non sono giustificabili in alcun modo ma se si fossero tenute in considerazione le loro dichiarazioni avrebbero potuto avere l’aiuto psicologico di cui avevano davvero bisogno.