Di Vanessa Morelli. Spesso sentiamo donne e uomini pronunciare frasi del tipo, ‘’sono femminista’’, seguiti da facce sorprese ubriache nel loro mare di ignoranza, e altre comprensive come se si stesse parlando di una specie protetta, quando invece ad oggi dovrebbe essere semplice normalità, ma non è detto sia capito da tutti.
Il femminismo è un’impronta che donne nel passato hanno lasciato forte e marcata, per cambiare una società che non le valutava per ciò che realmente fossero capaci di fare. Tra le tante donne determinanti nella lotta ricordiamo, Una Duval, prima donna che agli inizi del 900 in Inghilterra sceglie di non pronunciare l’intera formula omettendo la parte sull’obbedienza della moglie al marito, generando così scalpore, (episodio che ricorrerà decenni dopo anche con la principessa Diana). La dipinge perfettamente l’immagine di lei in piedi su uno sgabello, intenta a far valere la propria persona per mezzo nel movimento femminista attraverso il solo uso della parola, gli uomini ascoltatori increduli e sbigottiti, fanno da sfondo ad uno scenario ancora oggi contemporaneo. La lotta senza armi, il risveglio di un popolo assente e funzionante solo per metà, sono le premesse di un necessario cambiamento. Non è detto sia capito da tutti, oppure oserei dire, è ancora oggi svalutato da chi non riesce forse a codificare il linguaggio verbale utilizzato da chi ne rappresenta i valori. Potrebbe quindi sorgere spontaneo uno dei più grandi limiti che non rendono il concetto naturale come in realtà dovrebbe essere: L’Incomunicabilità DEGLI ESTREMI. Possiamo analizzare quindi il pensiero nei vari punti di vista che la società ha conferito alla tematica sociale. Da un lato i conservatori che un po’ per tradizione e un po’ per convenienza preferiscono rimanere nella loro cosiddetta confort zone, annegata nell’ignoranza dei secoli, uomini e purtroppo spesso anche donne, privi di coraggio, curiosità e autostima, che scelgono di essere sordi davanti alla verità, oppure pigri alla comprensione di una diversa lingua. Decidono di non ascoltare più nel momento in cui si rendono conto inconsciamente del loro limite, oppure nel momento in cui dall’altra parte trovano una comunicazione troppo distante dalla loro, e non avendo gli strumenti culturali per capirla al posto di affrontarla, la sminuiscono. Dall’altra parte troviamo donne ormai troppo stanche per continuare a essere comprensive dell’ignoranza, si richiede il riconoscimento del vero valore umano e professionale, si richiede oltre certamente alla parità di diritti, la parità di aspettative tra uomo e donna. Chi ha deciso che deve essere l’uomo a portare il peso economico della famiglia, e la donna a rappresentare invece solo una figura di facciata, dedita ad un minore lavoro perché rilegata quasi unicamente alla figura di madre e moglie? (Prova della chiara antitesi al pensiero patriarcale sono per esempio le famiglie omosessuali che funzionano perfettamente nonostante l’assenza, se così possiamo chiamarla, dell’idea tradizionale). Ecco, battaglie come il femminismo vogliono rimettere in gioco tutti i preconcetti, per dargli nuova forma, e sciogliere i nodi ormai troppo radicati nelle menti di ognuno, per dare vita ad un mondo più aperto e soprattutto equilibrato nelle parità.