Di Gaetano Malara.
Sono trascorsi esattamente settantacinque anni di buio totale per il cinema italiano, dagli anni settanta in poi l’attore ha cominciato a perdere il senso del suo ruolo quello di comunicare emozioni reali al pubblico, quello di denunciare attraverso i gesti e le parole senza avere paura del sistema. Durante e dopo la guerra si era cominciato a recuperare il senso del cinema e del teatro dopo esserci scrollato l’estetismo fascista, che si poggiava sulla retorica D’Annunziana. A metà anni settanta il sistema di valori, sia della chiesa, della politica nutriva nel pubblico e nell’attore stesso’ il timore e il pudore di mare il proprio mestiere di vivere la necessità e la dignità del proprio ruolo come cittadino nel mondo. Benvenuto nel XXI Secolo :l’era del consumismo e della tecnologia schiavi del sistema stesso di un sistema superficiale, è cambiato anche il modo di comunicare, si è perso il senso della vita stessa insieme alle proprie radici di appartenenza incluso il modo di fare arte. Fare l’attore oggi richiede lucidità e coraggio , in Italia per tradizione confondono il fatto che il talento non si può insegnare ma la tecnica si. Immaginiamo una scuola di musica in cui si interrompe un giorno sì e un giorno no lo studio del pianoforte con la scusa che il talento non si può insegnare. Non si può più giustificare questa filosofia in nome del glorioso “Neorealismo” soprattutto oggi che siamo in pieno reality show.