Di Elisabetta Orrico.
“Lasciate ogni speranza voi che entrate ” dovrebbe esserci scritto all’ingresso del Harold Pinter Theatre di Londra, il teatro in cui sarà in scena dal 25 marzo lo spettacolo “A Little Life”, basato sul libro “Una vita come tante” di Hanya Yanagihara che negli ultimi anni ha venduto più di due milioni e mezzo di copie.
In questi giorni è stato presentato in anteprima, e l’accoglienza ha suscitato contrastanti emozioni. Lo spettacolo, diretto da Ivo Van Hove, è stato amato o odiato dalla critica e dal pubblico, senza vie di mezzo. La storia è cruda, traumatica, violenta, e il regista non ha voluto risparmiarsi nelle scene sconvolgenti. Lui stesso, però, dice che l’intenzione non è di traumatizzare lo spettatore, ma di fare un viaggio con lui attraverso un processo catartico di dolore e di consapevolezza che ci porti a capire l’importanza dell’amore, non quell’amore dei film romantici, ma quello che ognuno di noi prova tutti i giorni, quello difficile e impegnativo, quello che troviamo nell’amicizia e nella famiglia, oltre che nella persona amata. Jude, il protagonista, ha subito tutte le cattiverie che si possono pensare a questo mondo, eppure, nonostante egli stesso non creda di farcela, trova la forza grazie alle persone che lo circondano e che lo amano, che lo capiscono e che per la prima volta in vita sua non lo abbandonano.
Tra le critiche, lo spettacolo è stato tacciato di abusare della pornografia del dolore, di esagerare troppo nelle violenze subite (tra cui stupro, amputazione, autolesionismo e dipendenze), ma, come l’autrice stessa dice, questa è la vita, sono cose che accadono alle persone, e vivere il dolore attraverso le pagine o attraverso il palcoscenico potrebbe addirittura aiutarci a capire noi stessi.
Una fan scrive su Twitter: “è la cosa più coraggiosa e vulnerabile che io abbia mai visto”, un contrasto di emozioni che descrive perfettamente come ci si sente durante la visione.
Lo spettatore potrebbe lasciare la sala con una tempesta di emozioni dentro di sé, ma sicuramente arricchito da ciò che gli è stato permesso di vivere attraverso la rappresentazione altrui.