Di Martina Michea.
Il male del calcio colpisce ancora. È solo uno dei tanti episodi di razzismo quello mostrato da parte di alcuni tifosi juventini alla fine della gara valida per l’andata della semifinale della Coppa Italia contro l’Inter.
Questa volta la vittima è Romelu Lukaku, che, dopo aver segnato al 95esimo un gol su calcio di rigore, esulta con la mano davanti alla bocca, invitando al silenzio i tifosi juventini che, fino a qualche secondo prima, intonavano versi animali, definendo il calciatore una “scimmia”. Di questi episodi ne sentiamo tanti, fin troppi: ad esempio quelli verso calciatori del Lecce, e ancora verso Koulibaly, Maignan, Osimhen, Vlahovic e tanti altri. Ricordiamo la vergogna del Bentegodi, quando, nel ’96, gli ultras dell’Hellas inscenano l’impiccagione di un manichino dipinto di nero, con la maglia del Verona e due corde legate attorno al collo, in segno di “protesta” verso l’arrivo di Ferrier in Italia. “Il nero ve lo hanno regalato, dategli lo stadio da pulire” e “il negro portalo in cantiere”, le dure frasi che lo accompagnavano. Ma, ancora oggi, ululati, insulti e cori razzisti continuano a macchiare quasi ogni partita. Comportamenti vergognosi, da condannare, che vanno oltre la rivalità della partita, dei colori e delle magliette. È impensabile che ancora oggi non si riesca a mettere da parte il tifo per mettersi nei panni di giocatori che sentono ripetersi gravi insulti come “negro”, “scimmia”, “zingaro” ad ogni partita. Questo, con il calcio e con il tifo, non c’entra niente. Il calcio deve portare in alto nel mondo il messaggio di lotta contro il razzismo, non può peggiorarlo. Le scuse a parole da parte delle società servono, ma solo giornalisticamente finché non si prenderanno seri provvedimenti. La verità è che nessuno ha mai avuto il coraggio di prendere una decisione estrema e, forse, è anche per questa ragione che il calcio non riesce a liberarsi di questo oscuro nemico.
È arrivato il momento di dire basta, di combattere il problema con qualcosa di diverso dai soliti slogan che nella realtà non servono a niente. Non si può pensare solo ad una misura cautelare di qualche ora, il daspo è efficace ma temporaneo, servono pene più pesanti come l’espulsione di questi soggetti dal calcio. Sono necessarie misure drastiche, sanzioni e penalizzazioni pesanti: serve, in poche parole, un approccio diverso per affrontare i razzisti, più severo, in modo che essi vengano definitivamente puniti e allontanati dagli stadi.