Di Noemi Tripodo. Trisomia 21, sindrome di down. Diverso nome stesso concetto, ossia una condizione genetica causata dalla presenza di una copia in più di un cromosoma, il cromosoma numero 21. Una condizione che colpisce, in Italia 1 bambino ogni 1.200. Ma è davvero così inabilitante come per anni ci hanno fatto credere?
Assolutamente no, certo ogni caso di differenzia anche in base alla gravità, ma ciò non significa che le persone affette da questa sindrome siano diverse da noi, ma semmai migliori. Migliori perché vedono il mondo in modo diverso rispetto a come lo percepiamo noi; un mondo migliore dove non esiste odio e razzismo. Il solo parlare con loro trasmette gioia e felicità, e il loro sorriso è contagioso.
Eppure queste persone vengono derise ogni giorno, denigrate ed emarginate dalla società; perché mi prendono in giro? È perché sono brutta o perché sono down? Perché nessuno vuole stare con me? Queste sono le domande che molti ragazzi hanno posto ai loro genitori, domande per le quali non si ha una precisa risposta perché la cattiveria delle persone sorprende sempre e non ha mai fine.
È successo ad una bambina, esclusa dal saggio di danza perché affetta da sindrome di Down; secondo le maestre “avrebbe compromesso lo spettacolo”. A Nina Sorrentino, invece, non è stata data la possibilità di sostenere l’esame di maturità. E ancora Giada Canino, 17enne danzatrice paralimpica con la sindrome di Down, lancia un messaggio di denuncia in un video sui social, esprimendo tutta la sua rabbia verso chi la deride, ma lei di tutta risposta dice che nessuno potrà impedirle di sognare e di realizzarsi nella vita.
Perché si è vero queste persone soffrono di una condizione genetica che li inabilita in alcuni casi, ma non è assolutamente vero che non possano vivere come tutti gli altri; fare le stesse esperienze, raggiungere gli stessi traguardi, essere felici.
E se da un lato troviamo questa realtà così discriminante, dall’altro ci sono state nel corso degli anni tante iniziative, che hanno come scopo proprio quello di introdurre a pieno le persone affette dalla sindrome di down nella società e nel mondo del lavoro. Siamo a Roma, dove dall’iniziativa di un gruppo di genitori di ragazzi e ragazze con la sindrome di Down, nasce “La Locanda dei girasoli”, un ristorante con ben 150 coperti gestito da questi ragazzi proprio per dare loro “un futuro di autonomia e dignità “.