Di Luca Iglio.
Quando uno studente si affaccia al laboratorio di giornalismo, pensa di trovarsi davanti un mero corso accademico, dove c’è un professore che spiega e degli studenti che prendono appunti, niente di diverso dalla ciclica universitaria. Niente di più sbagliato! Qui non c’è qualcuno che sta sopra ad un altro oppure una spiegazione simile ad un monologo: qui si trova una grande famiglia, c’è interazione e cambio di idee, che non possono che far altro che far crescere lo studente; non solo al livello di conoscenza, ma anche e soprattutto a livello umano. Insomma, in altre parole il laboratorio di giornalismo, è forse un ‘’club’’ di crescita personale oppure un ritrovo di tante belle anime. Diventa quasi difficile darne una definizione semplice e chiara. Ma forse è tutto riassumibile in una frase tanto cara al pro.re Marco Palma: “giornalismo di vita”.
Tutto questo perché prima di essere studenti si è umani con un cuore di carne, ed è doveroso citare chi più di tutti ha avuto un vero cuore di carne, capace di accogliere, ascoltare e impartire insegnamenti di vita e di formazione con una grandezza d’animo immensa. Paragonabile al Keating de “L’attimo fuggente”, il prof.re Marco Palma è stato il punto di riferimento di questo laboratorio. Come non citare poi la Setta dei Poeti estinti, i cui membri siamo stati noi ragazzi. Ragazzi con i quali ho stretto rapporti indelebili e impossibili da cancellare, che mi hanno offerto spunti molto interessanti di crescita. In questa esperienza ho trovato molte cose belle, tra cui emozioni tangibili, a volte quasi palpabili, e tutto ciò è stato possibile grazie alle esperienze e ai dibattiti affrontanti in aula che trasudavano, senza alcun freno, vitalità e veridicità.
Ciò che ho vissuto rimarrà all’interno della mia vita e soprattutto della mia memoria, perché esperienza così non vanno assolutamente dimenticate, cancellate, anche perché sarebbe impossibile farlo visto le emozioni provate, che di certo non sempre raccontavano qualcosa di positivo, perché si sa, la vita è fatta anche di contrattempi. Contrattempi che il professore ci ha fatto capire come devono essere vissuti, accolti ed accettati, e solo grazie al coraggio e alla perseveranza si possono superare. Nell’aula p3 (e successivamente nella t33, la tanto amata aula del laboratorio di giornalismo) ho trovato molto: orecchie pronte all’ascolto, penne affilate e pungenti, storie di vita positive altre meno, che hanno comunque lasciato un gran segno dentro di me. Ad ogni modo, non come succede con gli altri corsi universitari, questo mi mancherà davvero molto. Quella routine speciale che mi impegnava periodicamente il lunedì è giunta al termine e con lei anche tutto il resto, ma di certo non finiranno mai tutti gli insegnamenti che ho recepito e che il professore ha cercato di far capire ad ognuno di noi, anche con metodi a volte meno tradizionali del solito, ma di sicuro non meno efficaci
Ciò che più mi è rimasto impresso e che ormai è stato scalfito dentro di me è il giornalismo di vita, il vero giornalismo, quello senza mezze misure che centra il punto, e va dritto al nocciolo della questione.
Ringrazio tutti i miei compagni di viaggio, che hanno avuto sempre il coraggio di metterci la faccia e da cui c’è solo da imparare; ringrazio Simone, l’assistente, sempre pronto a passare in rassegna i nostri pezzi, commentandoli e riuscendo a sostituire il professore nei momenti di sua assenza; ringrazio il prof.re Marco Palma, vero giornalista di vita, capace di stimolare gli alunni a dire la propria, senza paura di essere giudicati; ma capace soprattutto di far crescere ognuno di noi a livello umano, facendoci capire che un parola come “ormai” non può esistere nel nostro vocabolario (quello dei 20ennni) e che anche i contrattempi più grandi, se affrontati con coraggio e determinazione, avranno successi ancora più grandi.
È vero il laboratorio è giunto al termine, ma io non vedo l’ora di affrontare la seconda parte che, sono sicuro, non avrà niente da invidiare alla prima. Intanto mi tengo stretto i ricordi e la crescita di questo laboratorio, che rimarrà impresso come scritto da un pennarello indelebile.
Cordiali saluti,
Luca Iglio