Di Roberta Auriti. Rimangono solo i fiori ai lati della carreggiata, a testimoniare che lì è successo qualcosa di una certa rilevanza, mentre tutti ci passano vicino con noncuranza e vanno avanti con le loro vite. Quei fiori restano lì, invisibili e notati solo quando si è bloccati nel traffico di Roma .
Le strisce pedonali,sono passate da essere luogo rivolto a garantire la sicurezza dei pedoni a essere il palcoscenico di tragici omicidi stradali, frequentemente associati all’uso di sostanze illegali.Si mettono alla guida in stato di alterazione psico-fisica, superando spesso i limiti di velocità: trasformano così l’auto in un proiettile capace di uccidere. E quando uccidono, trovano nella magistratura una clemenza inspiegabile. Infatti, ascoltiamo sempre più spesso,notizie dei media che raccontano della leggerezza di persone incoscienti che si sono messe alla guida, sprezzanti del pericolo ed incuranti delle conseguenze e che, magari dopo l’assunzione di droghe ed alcol, si rendono autrici di terribili incidenti mortali. Questo fenomeno è alimentato dal fatto che ci siano pochi controlli da parte delle forze dell’ordine: sia sulla velocità, sia sulla guida in stato di ebbrezza.
Sono tre i morti in tre giorni sulle strade di Roma, tre pedoni che allungano la lista tragica delle vittime della strada nella Capitale.
L’ultima vittima, ieri mattina, è un giovane universitario di 21 anni, Gabriele Sangineto. Alle 7 del mattino attraversava sulle strisce in via Flaminia, alla periferia nord della Capitale. A investirlo è stato prima un taxi Toyota, sbalzato nell’altra corsia è stato travolto da un furgone Doblò che viaggiava nella direzione opposta. Il ragazzo è stato subito trasportato al vicino ospedale Sant’Andrea, dove è morto poco dopo.Da grande avrebbe voluto fare l’ingegnere meccanico.
Vite innocenti, con sogni e speranze vengono interrotte. Accorrono macchine della polizia, ambulanze, alcuni passanti curiosi, la zona incriminata viene circoscritta,la strada bloccata, inizia il trambusto da parte degli altri automobilisti che esprimono il loro disagio attraverso i clacson e sopraggiungono sul luogo i familiari con il dolore in volto. Un po’ alla volta il clima caotico si disperde e le macchine tornano a circolare come di routine.La giustizia spesso in questi casi arriva dopo anni e una giustizia ritardata, è una giustizia negata.
E di queste persone cosa rimane? Solo fiori.