Di Sara Musto. a sempre l’università per gli studenti appena diplomati alla scuola superiore di secondo grado rappresenta l’opportunità di crescere, studiare argomenti che li appassiona, ampliare la propria cultura ed anche abbandonare un po’ lo stress delle interrogazioni quotidiane: rappresenta dunque un mondo idilliaco, con più tempo per sé stessi e maggiori libertà.
Eppure la realtà che ci si ritrova davanti non corrisponde assolutamente a ciò che si è sempre immaginato, per la prima volta bisogna crescere sotto tanti punti di vista che si sono dati, a volte, per scontati: bisogna imparare ad organizzare il proprio tempo e studio, altrimenti si rischia di rimanere indietro, bisogna fare delle scelte curriculari in un oceano di possibilità e, soprattutto, bisogna rendere conto ad una pressione esterna che a volte può sopraffare, fino a bloccare il respiro.
Gli esami sembrano un ostacolo insormontabile, una costante prova da superare per poter dimostrare il proprio valore. Riuscire ad ottenere la laurea diventa il peso di un singolo per il desiderio familiare, piuttosto che un orgoglio ed un piacere dello studente. Gli esami superati sono sempre troppo pochi, un 29 diventa un voto troppo basso e il ritardo di un semestre nel completamento degli studi rappresenta una vergogna. Non sono considerati i desideri e le necessità dei giovani studenti, che vorrebbero fare dei loro studi un percorso di crescita personale, di apprendimento e, perché no, di avventura e scoperta. Invece, il percorso diventa sempre più ripido, l’avventura si trasforma in un’odissea ed il piacere dello studio si trasforma in un tripudio di lacrime e disagio esponenziale: si desidera tuffarsi in un fiume di opportunità che scorrono e si giunge in questo oceano abissale, dove molti, faticosamente rimangono a galla ed alcuni, a volte, non ce la fanno. E’ difficile spiegare ad un giovane ragazzo o ad una giovane ragazza che il loro valore non è dettato dalla loro media, o dagli anni che impiegano per concludere il loro percorso, perché questo rappresenta tutta la loro vità o gran parte di essa. Alla fine c’è chi fortunatamente riesce ad arrivare al traguardo, chi decide di non completare la corsa e chi non solo non finirà, ma non correrà mai più: tutto questo per una pressione ingiustificabile ed irrazionale che ha trasformato il tempio del sapere in un stress psicologico disumano.
L’università è e rimane, indifferentemente da ciò che le persone dicono, un percorso di vita personale e nessuno ha il diritto di giudicare chi, con coraggio, decide di intraprenderlo.