Di Valeria Pacifico. Rappresenta uno degli eventi di moda più importanti ed esclusivi dell’anno: si frappone tra le fashion week autunno-inverno, che si tengono tra gennaio e aprile (e proiettano nel fashion world quelle che saranno le novità che si vedranno a fine anno), e le fashion week primavera estate, tra luglio e novembre (proiettando quelle che saranno le tendenze dell’anno successivo).
Il Met Galà non è altro che uno spartiacque, divide immaginariamente le due stagioni della moda durante le quali le celebrità invitate al Met, hanno volato da New York a Parigi, fino a Milano e poi a Tokyo, per assistere alle nuove collezioni di ogni stilista che è stato in grado di accaparrarsi per primo la loro presenza di fronte alle passerelle.
Possiamo definirlo quindi come una sorta di vacanza per tutti coloro che si sono così tanto spesi nei mesi precedenti: quello che infatti il galà offre è una visita spettacolare (prima di qualsiasi turista) al Metropolitan Museum of New York allestito con il tema dell’anno corrente e poi una semplice cena con solo altri seicento invitati in una delle strutture architettoniche più belle dell’Upper East Side di Manhattan. Chiaramente per potervi accedere, non solo avrete bisogno di un invito, ma dovrete anche pagare il biglietto d’ingresso, tutto al modico prezzo di cinquantamila euro (a meno che non siate sponsorizzati da qualcuno che paghi per voi).
La vera domanda è: coloro che sono invitati alla mostra, sono consapevoli della bellezza nella quale si immergono, nella novità, nella classe e nella manifattura che ogni abito esposto possiede? Oppure pagano il biglietto solo perché possono e vi partecipano solo per poter figurare sul tappeto rosso?
Ormai ogni progetto artistico, ogni creazione estetica non è altro che oggetto di ostentazione, un mostrare. Vince chi più viene discusso, chi fa più caos: nel 2022 Kim Kardashian si è forzata di entrare in uno degli abiti più belli di Marylin Monroe finendo per rovinarne cuciture e chiusura lampo, tutti si ricordano la vicenda, nessuno si ricorda il tema del Met di quell’anno.
Il bello del Met Gala è sfumato in una foto Instagram, in un red carpet e in un abito che possa essere migliore di quello di chiunque altro (tra l’altro non scelto dagli invitati personalmente, bensì dal gusto dei loro stilisti), lasciando, a chiunque segue la diretta da casa, l’amaro in bocca e un senso destabilizzante di frivolezza e inutilità.
Ma forse non è proprio la fine. Il Met di quest’anno ci ha dato un piccolo assaggio di ciò che in realtà un evento di moda dovrebbe essere: dedicato allo stilista scomparso Karl Lagerfeld, molti degli invitati gli hanno reso omaggio come Gisele Bundchen che indossa un abito disegnato apposta per lei da Karl nel 2007.
Si prospettano molte aspettative per il nuovo anno, un “risveglio della moda” per tutti quegli abiti che “dormono” in archivio ormai da tempo: troppo fragili per essere indossati, ma abbastanza belli per essere ammirati. Tra corsetti inglesi di fine Ottocento e abiti risalenti a Quattrocento anni fa, speriamo che il nobile scopo del Galà, nonché raccogliere fondi per il Costume Institute, possa rimanere intaccato dell’attenzione mediatica che distrugge sempre più ogni obiettivo al fine di ricercare un misero sfoggio di sé, e piuttosto conservare ciò che una branca dell’arte di merita: pieno fascino.