Di Alice Sarnelli. La MotoGP è un diamante grezzo dal potenziale immenso. Ad averlo capito è Liberty Media, che aggiunge un gioiello alla sua corona e conquista anche il Motomondiale, diventando di fatto monopolista nelle classi regine nella categoria dei motorsport.
Dopo aver acquisito la Formula Uno nel 2016, la società statunitense di mass media, fondata dal 1991 dal miliardario John C. Malone, acquista per poco più di 4.5 miliardi l’86% delle quote di Dorna, la holding spagnola che deteneva la proprietà della MotoGP e delle classi collegate, quali Moto2, Moto3, SBK e MotoE.
Si tratta di un cambio ai vertici che ha l’aria di una vera e propria rivoluzione copernicana nell’agonismo delle due ruote. La prova è da ricercare nelle Formula Uno, che da quando è divenuto un format totalmente americano, è più popolare che mai: una comunicazione implementata con i tifosi, una serie di successo targata Netflix (“Drive To Survive”, ndr.) e un calendario gare sempre più fitto ed importante, tra cui figura il Gran Premio nella gloriosa Las Vegas, che addirittura si ferma per ospitare il Circus più famoso del mondo.
Eppure non è tutto oro ciò che luccica, e a dirlo sono in molti. Tra queste voci spicca quella del tre volte campione del mondo di Formula Uno, Max Verstappen, che più volte ha ritenuto il format ormai troppo “americano” e spettacolare, e a pagarne il conto più salato è proprio la qualità dello sport. Un esempio è proprio l’amara critica portata al Gran Premio di Las Vegas, quando ha descritto l’evento come “99% spettacolo, 1% sport”.
Nonostante l’Amministratore Delegato di Dorna, Carmelo Ezpeleta, dichiari che l’acquisizione non porterà alcuna rivoluzione, appare chiaro che anche il format MotoGP finirà per seguire le orme del Circus, con una futura diminuzione di gare in Europa. Infatti, nella Formula Uno, da quando Liberty Media ne ha ottenuto il controllo, le gare sono diminuite nel continente europeo ma sono aumentate negli Stati Uniti e in Arabia, con circuiti sensazionali, ma non sempre sicuri.
Ciò che resta da fare è restare a guardare, nella speranza che l’acquisizione si riveli più una fortuna che una disgrazia.