Di Mayla Cilla. Un salto mortale e mezzo all’indietro con atterraggio in capovolta: questo era il bellissimo ma disastroso salto Thomas. Il nome deriva dal primo ginnasta che lo aveva eseguito, l’atleta americano Kurt Thomas, che lo rese sin da subito simbolo di leggerezza e precisione. Vedere un ginnasta eseguire il Thomas, infatti, era come assistere a un volo perfetto. Tuttavia, dietro l’eleganza del salto si nascondeva un’insidia: l’estremo rischio di esecuzione, tanto che, dopo diversi gravi incidenti, venne eliminato dalla ginnastica artistica. Tra questi incidenti, il più noto e tragico fu quello della ginnasta sovietica Elena Mukhina. 

Quest’ultima era un grande talento della ginnastica a quei tempi, anche se la sua storia non è mai stata semplice. Rimasta orfana a soli 5 anni, Elena viveva con l’amata nonna e, nonostante tutto, la sua vita era piena grazie alla ginnastica artistica.

All’età di 15 anni, Mukhina ha un infortunio, né troppo grave ma neanche troppo lieve, alla quale i medici hanno consigliato di rimediare con il riposo. Ma questa cosa non è stata ascoltata, poiché il suo allenatore la sottoponeva giornalmente ad un estenuante allenamento. Appariva evidente che il suo interesse fosse la fama, non la salute della sua atleta. Elena stava male ma gli allenamenti continuavano costantemente ogni giorno. Due anni dopo, nel 1977, è regina ai campionati europei, vincendo quattro ori, due argenti e un bronzo; l’anno seguente domina i mondiali. 

Il suo incubo inizia nel 1980, anno dei Giochi Olimpici, tanto amate ed attese dal suo allenatore. Durante un allenamento, Elena si fratturò una caviglia, e questa volta il riposo era irrinunciabile. Lei stessa era d’accordo con quella decisione, ma il suo allenatore voleva a tutti i costi che si allenasse, per lui non esisteva nessuna scusa, e dunque gli allenamenti continuarono per otto ore al giorno. 

Il 4 luglio 1980, a pochi giorni alle Olimpiadi, il suo allenatore le propose proprio di eseguire il salto Thomas, ignorando le obiezioni della sua atleta. Da quel salto la vita di Elena Mukhina cambiò per sempre, poiché nella disastrosa caduta era rimasta paralizzata dal collo in giù, condannandola ad una vita di disabilità della quale si scoprì solo anni dopo. 

Elena aveva continuato la sua vita per quanto poteva, continuando a studiare e laureandosi, ma i problemi fisici derivanti dalla paralisi portarono a complicazioni cardiache e renali che causarono la sua morte nel 2006. La storia di Elena Mukhina dev’essere ricordata, perché nessuno dovrebbe pagare un prezzo così alto per il successo.

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