Di Edoardo Cafaro. Il tema dell’arbitraggio italiano scotta sempre più: sono copiose, abbondanti e molto significative le critiche nei confronti del sistema arbitrale, a seguito di innumerevoli errori di valutazione da parte dei direttori di gara e degli addetti al VAR in questa stagione. Non ultime sono state le parole di Antonio Conte, al termine del match tra Inter e Napoli, che ai microfoni di DAZN ha lamentato la direzione dell’arbitro durante l’arco dei 90 minuti di gioco, mostrando sgomento, perplessità e sottolineando l’inadeguatezza di certe figure. Una situazione, questa, che si ripropone dopo ogni giornata di campionato e che implica una riflessione più profonda, accurata, giusta ed obiettiva. Il mestiere dell’arbitro non è semplice, tutt’altro: questa figura professionale, difatti, è circondata da critiche ed insulti nell’interezza della sua carriera professionale da parte degli addetti ai lavori, dei calciatori, dei mass media e tanto altro. Il motivo di questo prolasso della classe arbitrale, però, riguarda principalmente i piani alti dell’AIA. Il responsabile di questa classe, e designatore, ovvero Rocchi, ha portato avanti un modello ed un protocollo di applicazione del VAR molto distante dal mero senso calcistico: gli specifici addetti ai lavori, gli arbitri, seguono letteralmente quanto imposto loro dall’alto e, di conseguenza, non sono i principali responsabili di tale caos. Indubbiamente alcuni direttori di gara risultano inadeguati nella gestione del match e nell’empatia con i protagonisti in campo, ma il loro lavoro implica che debbano seguire fedelmente le linee guida poste dall’alto. La classe arbitrale non merita questo accanimento, non merita minacce (condannabili in tutti gli ambiti della vita) e nemmeno etichette, dato che il problema si trovi a monte. Andrebbe rimodulato nella sua totalità il protocollo arbitrale e del VAR, attingendo di più dalle questioni calcistiche e non distanziandosi prepotentemente. Una situazione di buio pesto per l’AIA, ma per risalire la corrente bisogna mettere mano in maniera decisa, obiettiva, ammettendo l’errore o l’incompetenza ed affidandosi a figure più calzanti con le mere questioni sportive, calcistiche e disciplinari. L’auspicio è che si possa trovare una via quanto prima possibile, ma per farlo serve impatto e assunzione di responsabilità.