Di Giorgia Medrihan. Parliamo del mondo della moda dove abbiamo l’apparire prima di tutto e le modelle sono le protagoniste di una grande messa in scena.

Dietro a quelle passerelle,a quegli scatti si nasconde una realtà complessa e poco raccontata.

La modella,pur sentendosi al centro dell’attenzione,si trova frequentemente in una posizione di vulnerabilità e mancanza di potere decisionale.

Il loro aspetto diventa oggetto di un gioco non loro dove la scelta dell’abbigliamento,delle pose,delle immagine che verranno diffuse è determinato da figure ben più potenti.

Tutto è in mano a stilisti,fotografi,direttori creativi,agenzie che detengono il controllo mentre le modelle nonostante siano la carne e l anima del progetto spesso non hanno in voce in capitolo.

Tutto questo è molto evidente quando si parla di diversità e inclusione,nonostante si faccia passare il messaggio dell’apertura a nuove forme di bellezza come per esempio modelle curvy e più mature,dall’altra le scelte estetiche sono ancora quelle imposte dai canoni.

Le modelle sono invitate a lavorare per una collezione che promuove una visione inclusiva di bellezza,ma è molto raro che possano essere loro stesse e che si possano esprimere su cosa promuovere.

Molte modelle sono costrette ad adattarsi agli standard di bellezza dettati dai brand, spesso ignorando le proprie preferenze o limiti. Quante volte sentiamo storie di modelle che, pur non sentendosi a proprio agio in un determinato look o in una proposta di posa, sono costrette ad accettare per paura di perdere lavoro? Il loro corpo diventa una merce, e la loro libertà di espressione viene sacrificata sull’altare della moda.

In un ambiente competitivo come quello della moda, il potere economico gioca un ruolo fondamentale. Le modelle, spesso alle prime armi, non hanno le risorse per contrastare le decisioni dei grandi nomi dell’industria. L’idea di fare “il passo giusto” è essenziale, e non si tratta solo di quello che indossi o di come ti muovi, ma di come ti comporti. Non alzare mai la voce, non contestare mai, non uscire dagli standard,piacere al cliente per farsí che la modella venga richiamata.

Le modelle più consapevoli del loro valore stanno cominciando a lottare per più diritti.Molte di loro hanno trovato nella loro voce un’arma potente contro un sistema che troppo spesso le ha trattate come semplici “veicoli” di moda. Le social media influencer, per esempio, stanno guadagnando terreno, ottenendo maggiore controllo sulla loro immagine e sulle offerte di lavoro.

Non possiamo dimenticare che il lavoro delle modelle non si limita al palcoscenico: è un lavoro che richiede sacrifici, energia e a volte, soprattutto a livello psicologico, un prezzo molto alto. Lo stress, il giudizio incessante, la continua competizione, sono parte integrante della vita di chi lavora in questo settore. Ma forse la cosa più dura è il silenzio. Quello che esiste tra una posa e l’altra, tra una sfilata e l’altra, tra uno scatto e l’altro. Un silenzio che racconta l’incapacità di avere voce, di poter decidere, di esprimere la propria visione,di chiedere una pausa quando necessario,di chiedere per assurdo anche il permesso di andare in bagno.

Le modelle sono le muse di un’industria che le ha sempre idealizzate ma mai veramente ascoltate. Perché non basta essere belle, non basta essere perfette. Serve un potere che ancora manca, e serve che l’industria della moda lo riconosca. Non possiamo più accontentarci di vedere le modelle come semplici figure decorative, oggetti da consumare e sostituire. È il momento di riconoscere che anche dietro una passerella c’è una donna che merita rispetto, ascolto e, soprattutto, la possibilità di scegliere.

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