Di Martina Sallusti. Finire il liceo è un momento di transizione tra il mondo conosciuto e un territorio ignoto che spaventa. Dopo anni trascorsi in un contesto strutturato, da lezioni, compiti e verifiche, ci si trova improvvisamente di fronte a un bivio. Non ci sono più orari da rispettare né compiti già definiti; c’è solo una domanda che risuona incessante: E adesso? Per molti giovani, questa fase rappresenta un momento di profonda crisi. Dopo il liceo, ci si aspetta che si abbiano le idee chiare sul proprio futuro, che si sappia già chi si è e cosa si vuole fare. Ma la realtà è spesso molto diversa: ci si sente sperduti, circondati da infinite possibilità che, più che liberare, soffocano. Le aspettative, sia proprie che degli altri, giocano un ruolo importante. Genitori, insegnanti e amici si interrogano: “Hai scelto l’università?”, “Non pensi sia meglio trovare subito un lavoro?”. Ogni domanda sembra sottolineare una mancanza, un’incertezza che diventa sempre più pesante. A questa pressione sociale si somma il confronto con i coetanei: c’è chi ha già un piano ben definito, chi si iscrive a facoltà prestigiose, chi parte per esperienze all’estero. Ogni scelta altrui sembra amplificare il senso di inadeguatezza di chi ancora non sa che direzione prendere. La paura più grande, forse, è proprio quella di scegliere. Decidere significa escludere altre possibilità, e questa consapevolezza può paralizzare. Si teme di fare la scelta sbagliata, ma la verità è che spesso non sappiamo nemmeno dove vogliamo arrivare. Si ha la percezione di essere catapultati in un mondo sconosciuto, dove le regole che si sono sempre seguite non valgono più. Non c’è un manuale d’istruzioni, né una guida sicura. Forse, però, questa fase di incertezza può essere vista anche come un’opportunità. È un momento in cui ci si interroga davvero su chi si è e cosa si vuole, al di là delle aspettative degli altri. È il momento di fare esperimenti, di sbagliare, di scoprire che cosa ci appassiona e che cosa, invece, non fa per noi. Il percorso non sarà lineare, e va bene così. Non è necessario avere subito tutte le risposte. L’importante è muoversi, anche a piccoli passi, verso qualcosa che sentiamo autentico. E se la strada scelta non si rivela quella giusta, non è una sconfitta, ma un pezzo di esperienza che ci aiuterà a riorientarci. La paura del futuro, in fondo, è normale. Accettare questa vulnerabilità può essere il primo passo per affrontarla. Non si deve avere paura di chiedere aiuto, di confrontarsi con chi ha già attraversato questa fase o di cercare supporto per orientarsi meglio. Forse, non si può prevedere esattamente cosa ci riserverà, ma si può iniziare ad affrontarlo un giorno alla volta, con il coraggio di chi, anche se si sente sperduto, continua a camminare. In fondo, scoprire chi siamo è un viaggio che dura tutta la vita.