Di Giorgia Medrihan

Ci sono notizie che ci lasciano senza fiato. Non per sorpresa, ma per il dolore di constatare che ciò che temevamo si è verificato ancora. Sofia Castelli, una ragazza con sogni e progetti, è stata strappata alla vita dalla violenza di chi avrebbe dovuto lasciarla andare. Una tragedia che non è soltanto sua, ma nostra. Una tragedia che urla domande alle quali nessuno vuole rispondere.

Sofia era una giovane donna come tante, una ragazza con una vita davanti, fatta di speranze, amicizie, amori, delusioni. Sofia poteva essere me, te, tua figlia, la tua migliore amica. Eppure, quella violenza che ha sempre serpeggiato sottopelle si è manifestata con brutalità, lasciandoci impotenti davanti a una realtà che non cambia mai.

Non è la prima, Sofia. E, purtroppo, se qualcosa non cambia, non sarà l’ultima. Perché viviamo in una società che permette che gli uomini considerino il “non accettare un no” come una giustificazione.

Parliamoci chiaro: non si tratta solo di un uomo che ha ucciso una donna. Si tratta di una cultura che continua a legittimare il possesso, la rabbia, l’ossessione come forme d’amore. Chi ama non controlla, chi ama non minaccia, chi ama non uccide. Eppure, queste convinzioni tossiche permeano il nostro quotidiano, passando attraverso linguaggi, gesti, silenzi.

Dove sono le leggi che ci proteggono davvero? Dove sono le istituzioni che promettono sicurezza ma poi abbandonano le vittime a gestire da sole situazioni di pericolo? Sofia non è stata difesa, e questo è inaccettabile.

Quante volte sentiamo dire: “Era un bravo ragazzo, nessuno se lo aspettava”, oppure “Lei avrebbe dovuto stare più attenta”? Sofia, come molte altre, aveva capito il pericolo. Lo aveva affrontato, cercando di andare avanti, di vivere. Non è mai responsabilità della vittima salvare se stessa. È responsabilità di chi ha il potere – la famiglia, le istituzioni, la società – intervenire per tempo.

La colpa è anche nostra. Perché stiamo zitti. Perché ci accontentiamo di fiaccolate, di hashtag, di campagne che durano il tempo di un click. La morte di Sofia non può essere un’altra pagina di cronaca nera da dimenticare domani.

Quello che è successo a Sofia deve indignarci profondamente, ma non basta. Serve un cambiamento radicale, un impegno collettivo per educare i nostri figli, per formare le nostre istituzioni, per costruire una società dove le donne siano libere di vivere senza paura.

Per Sofia, e per tutte le altre che hanno perso la vita, dobbiamo agire. Non vogliamo più piangere vittime. Vogliamo una società dove una donna possa vivere senza il terrore che un no diventi una condanna.

Oggi siamo tutte Sofia. E non ci fermeremo fino a quando giustizia non significherà prevenzione, protezione e vera