Di Aurora Calicchia. Risale al 2014 l’ultima vittoria che il nostro Paese ha conquistato agli

Oscar, più di dieci anni fa, con il film di Sorrentino, “La grande bellezza”: il cinema italiano

sembra aver smesso di rischiare, rinchiuso all’interno di logiche asfittiche, causate perlopiù

dai mutamenti culturali e sociali avvenuti negli ultimi 50 anni. Eppure, siamo la patria di

Fellini, De Sica e Tornatore, i cui film si sono annoverati tra i capolavori cinematografici di

tutti i tempi. Senza alcun dubbio, le produzioni italiane risultano lontane dai riflettori di Hollywood per

la mancanza di risorse economiche: rivaleggiare con colossi come gli Stati Uniti non appare

semplice e, anzi, come si evince dalle ultime edizioni degli Oscar, induce alla creazione di

un sistema di nicchia, in cui solo i Paesi che investono ingenti somme di denaro nella

produzione cinematografica riescono a ottenere i tanto agognati premi.

Tuttavia, non si tratta solo di questo: purtroppo, il cinema italiano ha subito una

marginalizzazione evidente a causa di una società sempre più globalizzata. In effetti, appare

necessario sottolineare l’egemonia della lingua inglese nel contesto delle premiazioni

internazionali: i film anglofoni possono essere più facilmente esportati e fruiti da un pubblico più ampio. Tutto ciò ha condotto a una situazione in cui le produzioni di paesi

come l’Italia sono sempre più ignorate e non valorizzate. Non ci resta che sperare, da un lato, che il cinema italiano inizi a rischiare

maggiormente, aprendosi a logiche più globali, ma, dall’altro, che il mondo cinematografico sia più tollerante e protettivo nei confronti di realtà più piccole, ma

decisamente uniche e peculiari.