Di Ilaria Granieri. Due giovani vite spezzate in meno di 24 ore: Sara Campanella e Ilaria Sula, sono state brutalmente uccise da uomini che non accettavano il rifiuto. Sara, studentessa di biomedicina a Messina, è stata accoltellata da un collega che la perseguitava da due anni. Ilaria, studentessa di statistica alla Sapienza di Roma, è stata trovata senza vita in una valigia; il suo ex fidanzato ha confessato l’omicidio. Avevano 22 anni, sogni, progetti, libertà che rivendicavano. Sono state assassinate da uomini che non accettavano un “no”, che non sopportavano l’idea che una donna potesse scegliere per sé. Ma questa non è solo cronaca nera. È l’ennesimo grido soffocato da un sistema malato. È il sintomo terminale di una malattia antica e mai curata. Si chiama patriarcato, e continua a mietere vittime nella complicità silenziosa di una cultura che giustifica, minimizza, tollera.
Ogni femminicidio è un fallimento collettivo. Ogni donna uccisa è la prova che viviamo in una società che insegna alle ragazze a proteggersi, ma non insegna ai ragazzi a non uccidere. Che parla di amore, ma legittima il possesso, che coltiva l’idea che il rifiuto sia un affronto, e che l’autonomia femminile sia una minaccia.
Il patriarcato non è un concetto astratto: è una realtà tangibile, quotidiana. È nei tribunali che giustificano, nei titoli dei giornali che parlano di “delitti passionali” invece che di femminicidio, nei commenti sui social che colpevolizzano le vittime. È vivo nei gesti, nelle parole, nei silenzi. Si nutre di ignoranza, di paura e di potere, e la sua arma più potente è la normalità, non reagire ora significa diventare complici. 
La violenza sulle donne è l’estrema manifestazione di un sistema di dominio. Se il patriarcato non viene smantellato, interi modelli sociali continueranno a produrre carnefici e vittime. Educare, denunciare, cambiare: sono verbi che dobbiamo usare al plurale. Non è una battaglia delle donne. È una lotta di civiltà. Perché quando muore una donna per mano di un uomo che non accetta di non possederla, a morire è un pezzo della nostra umanità.