Di Hailie Bisonni.Sono donna e ho paura. Ogni giorno mi sveglio con una paura costante: quella di camminare da sola di notte, di prendere la metropolitana senza sapere se arriverò sana e salva. La paura di non tornare mai più a casa. La paura di essere minacciata, molestata, violentata o addirittura uccisa.

Nel 2025, non dovrei avere paura, eppure ne ho tanta, perché nel giro di 24 ore due ragazze, Ilaria e Sara, sono state uccise.

Avevano vent’anni, con davanti a loro una vita piena di sogni e progetti.

Due vite spezzate dalla furia maschile ma soprattutto dalla brutalità di un mondo che continua a non proteggere le donne.

Le prossime potremmo essere noi. Nostra madre, sorella o cugina.

Proprio per questo motivo non devono più farci paura. Non possiamo e soprattutto non dobbiamo accettare che il terrore, la violenza e la manipolazione continuino ad essere le armi di dominio contro le donne. Non possiamo più permetterci di essere fragili. Dobbiamo liberarci dalle catene con cui ci stanno tenendo in gabbia.

Noi oggi smettiamo di avere paura. Dobbiamo trasformare il terrore in consapevolezza, la rabbia in azione, il dolore in lotta per il cambiamento.

Non basta indignarsi dopo l’ennesimo caso di femminicidio aspettando che la lista delle vittime aumenti, non possiamo accettare il minuto di silenzio proposto dalle istituzioni. Dobbiamo far sentire la nostra voce che non deve più tremare ma gridare a squarciagola. La paura non deve essere la normalità nel nostro mondo.

Continueremo a far rumore e ad unirci, ma tutto ciò non è sufficiente senza una solida base di educazione all’interno delle famiglie.

Dobbiamo educare i nostri fratelli, figli o mariti a rispettare la donna. Dobbiamo insegnare che il possesso non è amore, che l’ossessione non è passione  e che il rifiuto non può mai giustificare una condanna a morte.

Sono donna e non voglio più vivere nella paura.

Noi siamo più forti. Le loro minacce o la manipolazione non devono più terrorizzarci. Siamo più forti se siamo unite e la nostra voce sarà la loro condanna.