Di Giulia Costantini. Siamo marionette e non lo sappiamo nemmeno. Io per prima. Scrollo un video dopo l’altro, metto like, salvo prodotti, memorizzo pose e facce tutte uguali. Mi dico che scelgo liberamente, ma sto solo copiando. Tutti stiamo copiando.
Gli influencer sono diventati padroni invisibili. Nessuno li elegge, ma regnano. Prima vendevano prodotti, ora vendono stili di vita. Dicono “usa questa crema”, “vestiti così”, “mangia qui”. E noi lo facciamo. Lo facciamo davvero.
Non si tratta più di ispirazione, ma di imposizione mascherata. Ci condizionano, ci modellano, ci rendono standard. L’omologazione è totale e volontaria: ci infiliamo da soli nella gabbia.
Il marketing ha trovato il suo veicolo perfetto: i social. Sorrisi filtrati, frasi motivazionali prefabbricate, promozioni dissimulate da consigli. Nessuno parla più davvero: si recita.
E intanto la nostra identità evapora. Si dissolve tra una sponsorizzazione e un balletto virale. Quello che siamo viene sostituito da ciò che conviene apparire, da ciò che conviene essere agli occhi degli altri, per essere omologabili, risaltando sempre meno ad una folla sempre più indistinta.
Questa è un’epidemia silenziosa, ma è già in atto da tempo. E per quanto lo si neghi, fa molto più danno di quanto vogliamo ammettere