Di Beatrice Pastore In molte occasioni ci sarà sicuramente capitato di sentire che gran parte dei vincitori delle gare di atletica e delle maratone provengano dall’Africa, Kenya ed Etiopia. Tant’è che Il record mondiale di velocità sui 100 metri piani è detenuto da atleti neri dal 1968, e anche guardando le ultime Olimpiadi tutti si saranno chiesti almeno una volta perché le batterie dei 100 e dei 200 metri sono dominate da atleti neri. Basti pensare che “l’uomo più veloce del mondo” è il noto atleta giamaicano di cui voi tutti sicuramente avrete sentito parlare almeno una volta, il noto Usain Bolt. Quindi i fatti parlano chiaro gli atleti di colore dominano l’atletica a cospetto dei bianchi, ma in fondo se ci pensiamo bene tutti partono dalla stessa linea di partenza, senza alcuna diversità. Quello che mi sono chiesta e se si tratta di una casualità o c’è qualche evidenza scientifica che ha portato ad affermare che i maggiori successi nell’atletica sono raggiunti da atleti di colore. Per anni è circolata la credenza che i neri fossero geneticamente più predisposti alla corsa e alla luce di ciò si sono svolte diverse indagini genetiche che hanno evidenziato che nelle persone di colore ci sarebbe una maggior percentuale di fibre muscolari a contrazione veloce e il che testimonierebbe il loro predominio nelle gare internazionali. E quindi questo sembrerebbe essere una prova concreta del perché sono gli atleti di colore a vincere. Queste tesi e continui tentativi di indagini genetiche sono ancora discusse e non sono certe portano a generare qualcosa di spaventoso e oscuro. Ridurre il successo di un atleta “nero” ad una mera distinzione genetica non può essere un metro di giudizio generale insindacabile.
Tutti noi abbiamo sentito e forse creduto a questo falso mito secondo il quale “gli atleti neri sono più muscolosi”, “i neri hanno le gambe più lunghe”, “i neri sono più veloci”. Tutti pregiudizi che riconducono ad una terribile distinzione di razza, che oggi nel 2025 non può più esistere e che porta solo inevitabilmente a svalutare il merito personale e il talento di ogni atleta. Sarebbe impensabile basare il talento sportivo sul colore della pelle perché il merito nello sport non è certamente legato a questo ma dipende da valori veri e propri. Pensate quanto sarebbe sgradevole per un atleta di colore sentire che il motivo della sua vittoria sia stato dato solo perché lui ha la pelle “nera” e perché è “ nato avvantaggiato”, e che ne è dell’atleta che si è allenato ogni giorno, che si è spinto oltre la fatica in pista, ha fallito, si è sentito di voler mollare ma non lo ha fatto, ha vinto, ha sacrificato la sua vita per un sogno che poi ha raggiunto e ancora ad oggi non può neanche essere libero di essere riconosciuto per l’atleta talentuoso che è. Il peso degli stereotipi razziali nell’atletica ha delle ripercussioni profonde sulla società che è portata a credere che l’atleta bianco è svantaggiato e che perciò a priori ha perso già in partenza. Certo il talento può essere influenzato dai geni ma ciò che fa la differenza è il duro lavoro, la dedizione dello sportivo e sicuramente i fattori ambientali e culturali in cui vive l’atleta stesso. Infatti, ritengo sia importante considerare che nella pratica sportiva c’è sempre un elemento storico, sociale e geografico che influenza i risultati che un’atleta può avere. Perciò la maggioranza di atleti neri ai massimi livelli dell’atletica, potrebbe avere semplicemente una motivazione sociale, e spiegarsi con il fatto che in alcuni gruppi sociali o in alcuni paesi si praticano diffusamente alcuni sport e non altri. Il mio messaggio vuole essere che ogni atleta di qualsiasi nazione ed etnia può attraverso il talento e la cultura del lavoro raggiungere le vette più alte del mondo.