Di Gabriele Brunetti. Dominio, questa è l’unica parola che ci può venire in mente pensando al Gran Premio del Bahrain. Piastri vince davanti a Russell e Norris, suo compagno di scuderia, con una vittoria da Oscar, come ci ricorda il suo nome. Il lavoro che la scuderia di Woking ha intrapreso da dopo il GP di Miami della scorsa stagione merita di entrare negli annali della Formula 1, perché è stato un percorso che ha visto una crescita esponenziale, con due dei piloti più talentuosi del paddock, ma soprattutto con un Piastri da mille e una notte. Dall’altra parte l’unico bagliore di speranza per la Ferrari è rappresentato come sempre dalla monoposto numero 16 di Charles Leclerc. Il monegasco lotta con tutto ciò che ha a disposizione, anche contro una safety car uscita nel momento in cui era il più veloce in pista, ma alla fine non può nulla contro l’astronave di Norris. È vero che la macchina in questo sport fa forse il 50% della gara, ma quando abbiamo di fronte a noi prestazioni eroiche del genere non ci si può non alzare in piedi e applaudire. Leclerc resta la luce in fondo al tunnel di un’altra stagione probabilmente fallimentare. Il pensiero che rimbomba nelle menti di tutti i tifosi del cavallino rampante è quello di vedere la scuderia di Maranello fare un percorso simil Mclaren. La Ferrari rappresenta la storia della Formula 1 e i suoi tifosi, ma soprattutto Leclerc, meritano di vedere il mondiale tornare in Italia dopo 18 anni di attesa.
Perché, in fondo, c’è un filo rosso che unisce tifosi, pilota e scuderia e nessuno potrà mai tagliarlo.