Di Aurora Calicchia. Il live-action di uno dei film d’animazione più iconici della Disney, Biancaneve, ha fatto molto parlare di sé già prima dell’uscita nelle sale. Al centro delle polemiche sembrerebbe essere stata la scelta della protagonista, Rachel Zegler, una donna di origine colombiana; da una parte, il pubblico ha criticato l’inclusività forzata del film, che avrebbe scelto un’attrice non “bianca come la neve”, ignorando di conseguenza una delle caratteristiche peculiari della protagonista. Non solo: gli spettatori sarebbero stati infastiditi anche dal carattere ideologico del racconto e dalla rivisitazione del ruolo dei sette nani. Non è la prima volta che la Disney decide di essere più inclusiva nella scelta degli attori, si pensi al remake de La Sirenetta. Non si può credere, infatti, che in una società sempre più volta all’inclusione, i film d’animazione restino completamente fuori da questo contesto. Non possiamo continuare a proporre ai bambini storie di un secolo fa, perché non sarebbero sufficientemente adatte a spiegare una società decisamente più complessa e meno restrittiva. Il fastidio che molti provano rispetto all’adattamento di queste fiabe agli usi e costumi moderni è probabilmente il riflesso della loro intolleranza verso una società che sta cercando di sovvertire pregiudizi e ruoli tradizionali, sin dalle generazioni più giovani, attraverso una maggiore attenzione nei riguardi di tematiche come il femminismo, l’inclusione e il body-positivity. Del resto, non è di certo una novità il fatto che le fiabe, in quanto specchio del tempo in cui viviamo, siano sempre state riadattate: è il caso della stessa Biancaneve, che originariamente sarebbe stata ideata dai fratelli Grimm in modo ben diverso rispetto alla fiaba riproposta, nel 1937, dalla Disney. L’adattamento di questa storia non è, dunque, una forzatura woke e nemmeno il triste prodotto del politically correct, bensì un’evoluzione naturale e necessaria. Tuttavia, non si può negare che l’ondata di inclusività portata da Disney sia anche una strategia di marketing messa a punto per poter ottenere l’approvazione delle nuove generazioni, sfruttando i valori progressisti come strumento di guadagno; questo, però, non fa che confermare che, evidentemente, la società preme in una direzione che non trova più riscontro in fiabe di cent’anni fa. La domanda vera, forse, a questo punto, non è se Biancaneve sia woke, ma se il pubblico sia pronto ad accettare che le fiabe, come ogni prodotto culturale, cambiano ed evolvono insieme alla società.
Cinema/Live-action di Biancaneve: cultura woke o semplice evoluzione?