Di Giulia Frigeri. La violenza domestica non ha né volto né età, si annida nelle ombre di chi dovrebbe proteggere.
Roma si è trasformata in prigione per una bambina di 13 anni, costretta a vivere l’orrore dentro casa. Da quando ne aveva 8, il compagno della madre l’ha abusata, allungando le mani su di lei in un angolo che doveva essere quello della sicurezza e dell’affetto.
Quando finalmente la bambina ha trovato la forza di denunciare, il mondo si è fermato per ascoltare la sua terribile verità. Le indagini hanno confermato la gravità delle accuse, e l’uomo è stato arrestato.
Oggi, la bambina è libera dal mostro che ha vissuto per troppo tempo accanto a lei. Ma ogni giorno sono tante le altre voci, ancora soffocate.
La verità è una, e quando finalmente emerge, non c’è più spazio per giustificazioni o silenzi. Quella bambina ha trovato il coraggio che tanti adulti non hanno mai avuto. Ha parlato, ha raccontato, ha messo fine a un incubo. E no, non è solo una notizia: è uno schiaffo in faccia a chi finge che certe cose non accadano, a chi dice “sono fatti di famiglia”, a chi si volta dall’altra parte.
Stavolta c’è una madre che ha fatto la cosa giusta, non ha chiuso gli occhi, non ha difeso il mostro, ha ascoltato sua figlia e l’ha protetta. E questo, in un mondo dove spesso il sangue si trasforma in complicità, è un atto di coraggio.
Ma non basta. Perché mentre leggi queste righe, ce ne sono altre, bambine, bambini, che stanno zitti per paura. E ci sono adulti che sanno ma non parlano. Ecco dove si annida davvero il marcio: nel silenzio, nell’indifferenza, nel “non è affar mio”.
Abbiamo il dovere di rompere questo silenzio, anche quando dà fastidio, anche quando è scomodo, perché nessun bambino dovrebbe mai avere paura nella propria casa, mai.