Di Jacopo Borelli. Critiche a non finire per Inzaghi e la sua Inter, costretti ad arrendersi ad un Milan che di benzina ne aveva di più. A fine anno i risultati saranno decisivi per giudicare l’operato dell’allenatore ma molte volte, in Italia soprattutto, si tende ad attribuirgli troppa importanza. Vincere è sempre la cosa più bella, perdere non piace a nessuno. Però quello che molte volte finisce per essere giudicato in maniera poco obiettiva è il percorso complessivo o l’eredità che un allenatore può lasciare. Eppure Simone Inzaghi è sempre sotto osservazione, secondo l’opinione pubblica c’è la sua mano nelle vittore e costantemente errori in ogni sconfitta della squadra. Gli errori li commettono tutti certo, è umano. Quello che è sbagliato è l’accanimento nei confronti di un allenatore che più di tutti ha costruito un modello ambizioso e di altissimo livello, nonostante le risorse a disposizione non siano state di valore assoluto. L’Inter è una squadra forte e non si può mettere in dubbio ma il lavoro del tecnico, nel creare un impianto di gioco capace di valorizzare i suoi giocatori portandoli ad un livello superiore, anche dovrebbe essere inopinabile.
Le ambizioni erano alte sicuramente e la squadra, complici anche i molti infortuni, non ha saputo reggere la corsa aperta su tre competizioni. Il risultato negativo contro i rossoneri in Coppa Italia sancisce la fine del sogno triplete e il mancato approdo in finale. La preoccupazione dei tifosi è comprensibile visto l’evidente calo fisico della squadra ma resta evidente che riuscire ad essere in corsa su tre competizioni fino a fine aprile è un grosso merito, perché la rosa non è così completa come viene fatta passare.
Merito di un allenatore che è riuscito a ricostruire una squadra che con grosse difficoltà di spendere sul mercato è riuscita per tre anni a rimanere ad alto livello e giocare un calcio spettacolare in Italia e in Europa. Gioco che tende a valorizzare al massimo i calciatori messi a disposizione e permette alla società di poterne vendere qualcuno a cifre superiori rispetto al valore di acquisto. Spesso gli viene rimproverato di essere riuscito a vincere un solo scudetto con la squadra più forte d’Italia, ma in che modo è possibile determinare questa valutazione in assoluto? Giocare al massimo ogni competizione non può essere un demerito e farlo con pochi ricambi effettivamente di valore ed un’età media decisamente alta non è semplice.
L’Inter gioca a memoria tante volte, bella da vedere, diverte e non manca certo di solidità difensiva. Una macchina perfetta che ha tutto da perdere visto quanto costruito e degli eventuali passi falsi sul finale non possono cancellare due anni di lavoro eccezionale sul campo. È chiaro che i trofei per una società come l’Inter siano fondamentali nel giudizio ed è anche vero che i tifosi viste le alte aspettative possano pretendere giustamente di arrivare a dama.
Sono poche le giornate di campionato a disposizione e il testa a testa con il Napoli si fa sempre più avvincente. Nel mezzo il doppio confronto con il Barcellona, che potrebbe valere la seconda finale di Champions League per l’allenatore piacentino, renderà sicuramente più complessa la strada per il tricolore ma resta comunque possibile e doveroso. È comunque doveroso consegnare al popolo nerazzurro almeno un titolo di valore vista la manifesta superiorità, tattica almeno, della squadra. Adesso dopo due sconfitte consecutive sta all’Inter rialzare la testa ed a Inzaghi trovare la quadra per lo sprint finale. Solamente chi ha il coraggio di osare tanto potrà essere sconfitto, altrimenti fallirà senza neanche averci provato. Milano attende, con il fiato sospeso, pronta ad esplodere per un assolo nerazzurro.
Sport/Calcio: Inzaghi a corrente alternata