Di Hailie Bisonni. I simboli sono strumenti necessari nella nostra società per portare avanti un’immagine carica di significato che può essere riconosciuta in modo immediato universalmente.
I simboli sono in grado di evocare emozioni e tra questi le panchine rosse si sono affermate come uno degli elementi più potenti nella lotta contro la violenza di genere e il femminicidio. Queste panchine, installate in numerosi comuni italiani, non sono dei meri arredi urbani: rappresentano una vera e propria presa di posizione con l’obiettivo comunitario di rendere visibile agli occhi di tutti il fenomeno violento portando ad una consapevolezza, informazione e sensibilizzazione verso il femminicidio.
Una semplice panchina colorata di rosso diventa un monito silenzioso ma molto potente che invita a non voltare lo sguardo con indifferenza ma a riconoscere un problema comunitario che riguarda tutti noi.
Tuttavia, questo oggetto simbolico, per ricordare tutte le vittime, non è privo di critiche.
Ci si interroga se le panchine siano sufficienti a cambiare la cultura della violenza o necessitino di essere accompagnate da azioni concrete ed efficaci. Purtroppo un fenomeno carico di violenza è difficile da stroncare attraverso un simbolo.
Ma non si tratta di un semplice segno da osservare con indifferenza. La violenza di genere è un problema strutturale, che richiede risposte sistemiche, educazione nelle scuole, formazione per le forze dell’ordine, supporto legale e psicologico per le vittime e, soprattutto, un cambiamento culturale profondo e duraturo. Ma sarebbe sbagliato liquidare la panchina rossa come un semplice arredo urbano.
Solo attraverso la conoscenza e il confronto possiamo costruire una cultura diversa, fondata sul rispetto, sull’ascolto e sulla parità. Le panchine rosse, in questo senso, fungono da punto di partenza, da stimolo per aprire dibattiti, promuovere eventi educativi e costruire reti di sostegno alle vittime.
È un invito a fermarsi, a interrogarsi, a guardarsi dentro. Se ogni cittadino, di fronte a una panchina rossa, si fermasse anche solo un momento a riflettere sul proprio ruolo nella società, sul rispetto verso l’altro, sull’importanza delle parole e dei comportamenti, forse quel piccolo gesto potrebbe diventare l’inizio di un cambiamento più grande.
In fondo, la lotta contro la violenza non è una questione che riguarda solo le vittime o le istituzioni: è una responsabilità collettiva. E forse, proprio da una panchina rossa può partire la scintilla di una maggiore consapevolezza.