Di Martina di Lernia. Con la pandemia abbiamo lasciato indietro una parte fondamentale della nostra umanità, quella del contatto, che ci permetteva di godere del calore di un abbraccio o del sapore di un bacio; ci siamo dovuti privare di tutto questo, dimenticandoci però che il contatto rappresenta la forma più utilizzata, ma soprattutto la più semplice, per la comunicazione di ciò che proviamo nei confronti del nostro interlocutore. 

Negli anni, si sono susseguiti innumerevoli studi e sono stati scritti migliaia di libri in merito: oltre ad aumentare la precisione e l’intensità di ciò che vogliamo trasmettere, rafforza i legami sentimentali tra le persone ed ha addirittura effetti positivi sulla mente e sulla salute del corpo. La distanza attraverso la quale ci rapportiamo con gli altri è talmente tanto importante che mediante essa siamo in grado di capire il ruolo che gioca l’altra persona: nella cosiddetta “zona intima” , ovvero quella sotto i 45 cm di distanza, c’è il massimo grado di fiducia. 

Il virus ci ha resi restii nel toccare qualcuno, i gesti che prima per noi erano consueti ora risultano inopportuni, ci spaventano.

Alcune persone, vedendo un film o una serie, avvertono come lontano, fantasioso, un tempo in cui le persone stavano insieme senza mascherina o la distanza di sicura, in cui tutte queste regole ridondanti non esistevano, in cui per noi era normale rapportarci senza porsi troppi quesiti.

Così, per far sentire almeno un po’ di affetto alle persone che più di tutte si sentono sole in questo momento e che sono più al rischio, si è pensato di rimediare installando, in alcune case di riposo, delle “stanze per gli abbracci” che permettono agli anziani di abbracciare i parenti, divisi però da un velo di plastica. Ma questo non può bastare a colmare un vuoto che si è trasformato, ormai, in un abisso: ci siamo dimenticati di tante altre persone che stanno soffrendo e di tanti altri ambienti in cui la mancanza di un avvicinamento manca e questo è irrimediabile, purtroppo.

La scuola, ad esempio, è sicuramente tra gli ambienti più sofferti: come può nascere la scintilla di passione per una materia o una relazione di fiducia e di ammirazione tra un professore e uno studente, se questi sono divisi da un rigido schema che non lascia spazio ad una conversazione amichevole intrattenuta durante la ricreazione, ad uno sfogo per un momento sbagliato che il ragazzo sta vivendo o ad uno scambio di battute?

Il problema non sorgerà marcatamente in questo momento, ma tornerà a galla un domani: quando  tutto questo sarà finito e  ci renderemo conto che il virus, oltre a cambiare radicalmente le nostre vite, ci ha reso per un lungo periodo più infelici   e forse più lontani.

 

 

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